Appunti sulla riforma delle pensioni
Stato attuale, elenco dei problemi attuali, il nodo delle pensioni di anzianità, due ipotesi e considerazioni sui loro effetti sul gettito contributivo, IRPEF, sull'ammontare delle pensioni, sul Prodotto Interno Lordo, sulla occupazione, sulla emersione.

Stato attuale - Elenco dei problemi.
Il sistema pensionistico italiano è minato da una ridotta base contributiva e da un esteso numero di pensionati.

Oggi in Italia abbiamo circa 18 milioni di lavoratori (12 milioni di lavoratori dipendenti e 6 milioni di lavoratori indipendenti) e 16 milioni di pensionati. Questi due aspetti portano come conseguenza un elevato prelievo contributivo e prestazioni pensionistiche mediamente basse. Come ulteriori problemi abbiamo una forte disparità negli importi delle pensioni, una mancata separazione tra previdenza ed assistenza, un elevato numero di soggetti gestori ed erogatori di prestazioni previdenziali. Tra gli effetti troviamo una marcata evasione contributiva, soprattutto nella aree depresse dove il basso valore aggiunto e le lavorazioni ad alta intensità di lavoro manuale rendono intollerabile l'altissima pressione contributiva.
Un sistema nuovo deve affrontare tutti questi aspetti problematici, trovando una soluzione complessiva a tutti.

Il numero elevato e crescente di pensionati.
Le pensioni di anzianità finiscono con l'essere l'aspetto di maggiore rilievo che ci caratterizza rispetto agli altri Paesi. Infatti l'allungamento della vita media è una caratteristica comune dei paesi avanzati.

La ridotta base contributiva
I prepensionamenti (pensioni di anzianità) sono ovviamente causa sia dell'aumento dei pensionati, sia della diminuzione della base contributiva (numero dei lavoratori). Per ogni pensionato di anzianità in più abbiamo un lavoratore in meno e questo porta contemporaneamente ad un maggior costo pensionistico (necessità di gettito) e ad un calo di gettito (perché il neo-pensionato smette di pagare i contributi). L'aumento delle trattenute che ne deriva rende insopportabile la pressione fiscale e contributiva, soprattutto nelle lavorazioni di tipo labour intensive, in cui vi è alta intensità di mano d'opera. Questo sposta un certo numero di lavoratori dalla fascia del lavoro regolare a quello del lavoro irregolare, sommerso, ovviamente non tutelato. Questo comporta ulteriori aggravi contributivi, con la conseguenza di una ovvia spirale negativa.

Il nodo delle pensioni di anzianità.
E’ un tema che riaffiora periodicamente, e così sarà sempre, visto che non viene mai risolto in modo netto ma che viene affrontato in modo troppo graduale.
Iniziamo subito da una tabella ISTAT

Tabella 1 - Pensionati di anzianità (a) ed importo annuo delle pensioni, complessivo e medio, per tipologia e sesso - Anno 1997 (importi in Euro)
 
 
MASCHI
     
FEMMINE
     
TOTALE
   
TIPOLOGIA Numero Importo € complessivo Importo medio € Numero Importo € complessivo Importo medio € Numero Importo € complessivo Importo medio €
INPS
1'098'109 
14'417'106 
13'128.85 
 
160'241 
1'529'208 
9'543.09 
 
1'258'350 
15'946'313 
12'672.30 
Fpld
560'419 
8'738'579 
15'592.87 
 
72'716 
918'865 
12'636.15 
 
633'135 
9'657'444 
15'253.55 
Cdcm
176'029 
1'511'785 
8'588.16 
 
5'814 
333'105 
5'729.57 
 
234'169 
1'844'890 
7'878.55 
Artigiani
208'464 
1'867'962 
896.05 
 
9'873 
70'162 
710.64 
 
218'337 
1'938'124 
8'876.86 
Commercianti
77'904 
688'328 
8'835.54 
 
 11'637 
78'672 
676.04 
 
89'541 
767'000 
8'565.95 
Altro
75'293 
1'610'452 
21'389.06 
 
7'875 
128'403 
16'305.06 
 
83'168 
1'738'855 
20'907.72 
INPDAP+IPOST+FS
407'213 
6'318'347 
15'515.91 
 
270'374 
3'114'835 
11'520.60 
 
677'587 
9'433'181 
13'921.61 
ALTRO
90'803 
2'551'297 
28'096.80 
 
11'894 
153'883 
12'937.76 
 
102'697 
2'705'180 
26'341.37 
2 O + PENSIONI
244'435 
4'540'154 
18'573.86 
 
47'075 
777'071 
16'507.00 
 
29'151 
5'317'225 
18'240.22 
TOTALE
1'840'560 
27'826'904 
15'118.76 
 
489'584 
5'574'996 
11'387.36 
 
2'330'144 
33'401'900 
14'334.78

(a) Titolari di prestazioni di vecchiaia in età inferiore a quella prevista per il pensionamento di vecchiaia nelle rispettive gestioni previdenziali.
Fonte: Istat



La tabella 1 ci dice che il costo nel 1997 delle pensioni di anzianità, definite come nella nota (a), è pari 33  miliardi di €. Questo è un costo che viene finanziato con un elevamento delle aliquote contributive, che come vedremo, sono in gran parte a carico delle aziende. Tuttavia il costo delle pensioni di anzianità è ben superiore. La tabella 1 ci dice anche che ci sono 2 milioni e 330 mila pensionati di anzianità. Costoro, prima di andare in pensione, lavoravano e se non fossero andati in pensione prematuramente avrebbero dovuto continuare a lavorare. Questo è un aspetto particolare del mercato del lavoro italiano, in quanto molti giovani invece di studiare entrano prematuramente nel mondo del lavoro, contribuendo a rimuovere anzitempo i lavoratori più anziani dai processi produttivi. Tuttavia, particolarità a parte, mi sembra doveroso considerare che un lavoratore soggetto ad un prepensionamento avrebbe dovuto invece godere del diritto al lavoro fino ai termini previsti per un pensionamento regolare. Seguendo questa considerazione abbiamo 2 milioni e 330 mila lavoratori in meno e ciò possiamo anche conteggiarlo come un ulteriore calo di gettito contributivo. In Italia, il rapporto numerico tra i lavoratori e la popolazione è decisamente anomalo. In Italia le cifre ufficiali ISTAT indicano che il rapporto tra occupati e popolazione è pari al 39.5% (33.6% di occupati regolari più il 5.9% di occupati irregolari). Ciò deve essere a mio avviso messo in relazione con le alte cifre sulla economia sommersa, che nel 1998 raggiunge quasi il 28% del PIL, e quindi con il lavoro irregolare (vedere a proposito il documento sul lavoro nero). Moltissimo lavoro invece di essere fatto alla luce del sole, viene condotto in regime di evasione fiscale e contributiva, a causa dell'elevato costo dei contributi. Consideriamo, come termine di paragone, che nel paese con la minore stima di economia sommersa, la Svizzera, il rapporto tra popolazione attiva e popolazione è prossimo al 50%. Ciò significa che praticamente tutti lavorano alla luce del sole, pagando i contributi.

La manodopera per l'economia sommersa, che nel caso italiano riguarda milioni di addetti, viene fornita da disoccupati, pensionati, occupati che fanno il doppio od il triplo lavoro, clandestini. Già nelle statistiche Istat si nota come il numero dei lavoratori regolari decresce, tra il 1992 ed il 1997 mentre aumenta, in una compensazione quasi perfetta, quello dei lavoratori irregolari (vedere ISTAT: tavsommerso.xls tavola1).

Il pre-pensionamento si trasforma allora in una perdita secca di posti di lavoro ed in un aumento delle posizioni di lavoro irregolari, col risultato che i giovani che non studiano e che cercano lavoro, rimangono comunque disoccupati. Poiché l’importo della pensione è normalmente più basso dello stipendio percepito prima del prepensionamento, vi è anche un calo del gettito IRPEF, che come è noto ha aliquote progressive.

Una prima ipotesi.
Per stimare il costo totale di una cosa che non accade (e cioè il fatto che il lavoratore rimanga tale) occorre procedere con una simulazione. In questo caso la simulazione parte dalla retribuzione lorda segnalata dall'ISTAT a livello nazionale (38 milioni) e poiché chi va in pensione di anzianità fa un calcolo preventivo sulla sua convenienza, è verosimile che ciò sia fatto da chi ha retribuzioni più elevate nella media. La tabella 1 ci dice che la pensione di anzianità media è superiore ai 27milioni e ciò è un indicatore di uno stipendio elevato. La pensione media netta (11) è pari all'85% della retribuzione netta calcolata (7) per cui i dati non mi sembrano in contraddizione.

Tabella 2 - Calcolo dell'impatto totale dei pre-pensionamenti secondo le condizioni attuali.
 
Pos
Prima ipotesi
Singoli casi
Totale euro * 1'000
%

Pensionati di anzianità
2'330'144 


1
Retribuzione media lorda (€)
19'643.95 
45'773'575 

2
Contributi a carico della ditta (€)
8'670.79 
20'204'310 
81.2 
3
Contributi a carico del lavoratore (€)
2'001.79 
4'664'122 
18.8 
4
Totale contributi (2+3) (€)
10'672.58 
24'868'433 

5
Imponibile fiscale (1-3) (€)
17'642.68 


6
IRPEF (€)
3'193.77 
7'442'144 
18.1 
7
Netto per il lavoratore (1-3-6) (€)
14'448.40 


8
Mancato gettito Lordo (4+6) (€)
32'311'093 

9
Pensione media (€)
14'334.78 
33'401'850 

10
IRPEF (€)
2'100.95 
4'895'495 

11
Pensione netta (9-10) (€)
12'233.83 


12
Costo delle pensioni (9) (€)(€)
33'401'850 

13
Mancato gettito netto (4+6-10) (€)
27'415'598 

14
Costo totale (12+13) (€)
60'817'448 

Elaborazione personale su dati ISTAT


Dalla tabella 2 emerge che oltre al costo di 33 miliardi di € vi è un mancato gettito pari a 27 miliardi di € (13) per un totale, annuo, di quasi 61 milardi di € (14). I calcolo dei contributi e dell'IRPEF è stato fatto con un programma di calcolo dello stipendio. Una simulazione più realistica dovrebbe prendere in considerazione gli addetti ai vari rami industriali e commerciali, che hanno lievi differenze contributive, ma il calcolo fatto sulla media non dovrebbe influire molto sulla simulazione.

Un altro dato che emerge dalla Tabella 2 è che l'81% dei contributi previdenziali è a carico della azienda (e non figura in busta paga) e solo il 19% è a carico del lavoratore.

Tabella 3 - Numero di pensionati, importo complessivo e importo medio annuo delle pensioni per tipologia di pensione - Anno 1997
 
TIPI DI PENSIONI
Numero di casi

Importo complessivo
Importo medio




Euro

Euro


V.A.
%
V.A.
%
V.A.
N.I.
I.V.S.
12719724
78.5
125'224'394'325 
80.6
9'844.70 
102.7
Indennitarie
503936
3.1
1'394'389'212 
0.9
2'767.18 
28.9
Assistenziali
1037922
6.4
3'632'710'314 
2.3
3'500.03 
36.5
I.V.S. + Indennitarie
1172061
7.2
15'601'931'032 
10
13'311.68 
138.9
I.V.S. + Assistenziali
678007
4.2
8'171'771'499 
5.3
12'052.55 
125.8
Indennitarie + Assistenziali
18547
0.1
116'295'248 
0.1
6'270.30 
65.4
I.V.S. + Indennitarie + Assistenziali
74371
0.5
1'148'365'672 
0.7
15'441.03 
161.1
Totale
16204568
100
155'289'856'787 
100
9'582.86 
100

Fonte ISTAT



La Tabella 3 ci mostra il costo totale attuale (155 miliardi di €) del sistema pensionistico, in tutte le sue componenti: Vecchiaia (IVS) Assistenziali ed Indennitarie. Una prima considerazione che viene istintiva è che se non ci fossero le pensioni di anzianità, avremmo oggi questi risultati:
  • I pensionati sarebbero 2'330'144 in meno.
  • La spesa complessiva sarebbe di 33,4 miliardi di € in meno
  • Il gettito contributivo, lasciando inalterate le aliquote, sarebbe di quasi 25 miliardi di € in più, per via dei 2'330'144 che lavorano (pos 4 della Tabella 2)
  • Le entrate IRPEF sarebbero di 2,7 miliardi di € in più (pos 6-10 della Tabella 2)
  • Tre varianti della prima ipotesi
    Anche se è una pura ipotesi di lavoro, è utile vedere cosa accadrebbe oggi se anni fa fosse stata presa la decisione di bloccare totalmente le pensioni di anzianità.
  • Se non si toccassero le aliquote contributive, ma si suddividesse il gettito risultante tra i pensionati (senza prendere in considerazione l'IRPEF, che dovrebbe avere ben altre destinazioni) avremmo che i pensionati sarebbero solo 13'874'424 a cui verrebbe distribuito un gettito di 180 miliardi di €, pari ad una pensione media di 13mila € (contro i 9'583 di oggi).

  • Corrisponde ad un aumento delle pensioni medie del 35.5%
  • Se invece si decidesse di lasciare immutati gli importi delle pensioni, allora si potrebbe trasferire il minor bisogno di gettito di 64'675 tutto in un riequilibrio delle aliquote contributive, che sono a carico di aziende e lavoratori. Calcolando solo il minor costo di 64'675, potremmo avere una riduzione delle aliquote contributive del 14% .Si passerebbe dal 39 circa, al 33. La quota aziendale oggi attorno al 33% andrebbe 28% e quella a carico del lavoratore scenderebbe proporzionalmente).
  • Se invece volessimo ipotizzare anche una piena occupazione di coloro che in questa ipotesi chiamiamo ex-pensionati di anzianità (2'330'144 casi) allora avremmo una ulteriore diminuzione della aliquote contributive, dovute ad una più ampia distribuzione del carico. I lavoratori regolari passerebbero da 18.8 a 21 milioni e questo, unito alla riduzione precedente, porta ad una diminuzione totale del 23% delle aliquote contributive. L'aliquota a carico delle aziende diventerebbe il 24%, quella a carico del lavoratore scenderebbe al 6%.
  • Si potrebbero prevedere soluzioni miste, consapevoli che sia l'aumento delle pensioni che quello dei salari netti, sia la diminuzione del costo del lavoro, sono potenti motori che rilanciano i consumi interni e gli investimenti.

    Una manovra di 61 miliardi di €, convertita in maggiori consumi e minori costi aziendali non potrebbe che lasciare un segno positivo nell'economia. L'ipotesi quindi di prevedere una occupazione piena per gli ex-pensionati di anzianità non sarebbe stata del tutto azzardata.

    Un blocco delle pensioni di anzianità (non di chi oggi gode di una simile pensione ma di chi vorrebbe farlo) porterebbe nel giro di alcuni anni a realizzare gradualmente i risparmi di cui sopra.

    Una seconda ipotesi.
    Tutti i calcoli sopra esposti si riferiscono al limite attuale di pensionamento, posto a 35 anni di contribuzione e (gradualmente) a 57 anni anagrafici, mentre nei decenni precedenti ci sono stati limiti ancora più bassi. Tuttavia il limite di pensionamento in Europa è solitamente legato ai 65 anni anagrafici ed ai 40 anni di contribuzione (vedere tabella 8).

    E' un dato di fatto che ancora adesso in Italia le statistiche indicano in 15-55 l'età attiva, come nel 1800, mentre le tabelle OECD assegnano l'età attiva dei paesi avanzati ai 25-64 anni. Se la soglia del pensionamento fosse di tipo europeo (e con la speranza di vita che abbiamo in Italia la cosa sarebbe possibile ed auspicabile) tutti i conti pensionistici cambierebbero radicalmente. 1/3 delle spese pensionistiche in Italia è versato a soggetti che in Europa non sarebbero in pensione. E' quindi più che intuitivo che il costo del sistema pensionistico (e quindi il peso delle aliquote contributive) potrebbe calare di 1/3 passando da 155 a circa 103 miliardi di €.
    Rimarrebbero immutate ovviamente tutte le cause di cessazione del lavoro legate ad invalidità.

    Tabella 4 - Importo complessivo delle pensioni per tipologia e classe di età del titolare
    Anno 1997 (dati in milioni di lire)
     
    Classe di età
    I.V.S. [a]
    Indennit. [b]
    Assist. [c]
    Casi [a+b]
    Casi [a+c]
    Casi [b+c]
    Casi [a+b+c]
    Totale
    0-14
    124'376'249
    1'757'503
    125'393'153
    1'039'628
    2'488'806
    194'188
    379'079
    255'628'606
    15-39
    463'994'174
    234'916'102
    793'912'006
    5'544'165
    188'996'886
    3'617'264
    3'434'955
    1'744'314'068
    40-64
    48'153'760'581
    828'308'552
    849'616'014
    4'494'994'500
    1'573'176'778
    22'513'389
    114'983'448
    56'037'353'262
    65-79
    60'077'618'307
    214'206'696
    1'300'921'876
    8'223'423'903
    2'710'005'836
    44'927'619
    404'329'458
    72'975'433'178
    80 e più
    16'393'851'064
    115'114'111
    562'310'525
    2'825'606'450
    3'695'991'262
    44'944'662
    623'500'855
    24'261'317'895
    Non ripartibili
    107'939
    86'765
    556'741
    1'424'388
    1'112'448
    98'127
    1'737'877
    15'810'295
    Totale
    125'224'394'325
    1'394'389'212
    3'632'710'314
    15'601'931'032
    8'171'771'499
    116'295'248
    1'148'365'672
    155'289'856'787

    Fonte ISTAT



    Spostare, con la dovuta gradualità, il limite di pensionamento verso i 65 anni significa passare, nel grafico 1, dalla linea scura verticale a quella rossa tratteggiata. Cala il fabbisogno pensionistico ed il numero di lavoratori rimane più elevato. Questo scenario contempla che contemporaneamente i giovani non cerchino di entrare prematuramente nel mondo del lavoro ma che rimangano sui banchi di scuola conseguendo una maggiore specializzazione professionale (che si traduce in una maggiore qualifica professionale e quindi in uno stipendio più elevato e quindi in contributi più sostanziosi). Ciò significa più lavoro per più insegnanti (che può essere finanziato con i risparmi che lo stato potrà fare e con il maggior gettito IRPEF).

    Grafico 1 casi di pensionati per classi di età.

    Elaborazione personale su dati ISTAT



    Nel grafico, che rappresenta il numero di pensionati per classe di età, sono elencate tutte le forme di pensione ma ovviamente lo spostamento di età (ed i calcoli fatti) riguarda solo le pensioni di vecchiaia (IVS).

    Come nella prima ipotesi, possiamo calcolare non solo il minor costo per il sistema pensionistico (una cifra tra i 48 ed i 56 miliardi di ) ma anche il maggior gettito dovuto al fatto che quei pensionati, a ragion di logica, sarebbero dei lavoratori fino ai 65 anni e pagherebbero più IRPEF in qualità di lavoratori che come pensionati.

    Iniziamo con la quantificazione dei soggetti coinvolti. I fogli di calcolo Excel che ISTAT mette a disposizione indicano 4'588'000 pensionati di anzianità che sono in pensione senza aver compiuto ancora 65 anni (escludendo quelli con meno di 20 anni, che godono di prestazioni come superstiti).

    Inoltre ci sono altri 500'000 pensionati che hanno prestazioni miste (vecchiaia, indennità ed assistenza) di cui la maggior parte è data da quelle di vecchiaia. Il valore stimato per la l'ipotesi di lavoro è di 4'800'000 pensionati che in uno scenario "europeo" non sarebbero tali.

    Questi pensionati oggi (1998) godono di una pensione media di 10'760€ che è più elevata della media di 9'583€ del complesso dei 16 milioni e 200 mila pensionati. La stima dell'onere economico è di 51 miliardi e mezzo di € circa, che come dicevo rappresenta giusto 1/3 dei 155 miliardi della spesa complessiva.

    Se questi 4 milioni ed 800 mila casi lavorassero, pagherebbero, alle attuali trattenute contributive, ben 51 miliardi in € di contributi (41 a carico delle aziende) e pagherebbero 10 miliardi di di IRPEF più di quanto pagano come pensionati (come lavoratori pagherebbero 15 miliardi di , come pensionati ne pagano 5). I calcoli vengono fatti in base alle retribuzioni ed alle pensioni medie. Il movimento totale, tra minori uscite pensionistiche e maggiore gettito a parità di aliquote sarebbe, nell'ipotesi "piena occupazione", pari a 112,7 miliardi di €.

    In conclusione, la seconda ipotesi presenta questo quadro, che comprende il precedente:

  • I pensionati sarebbero 4 milioni ed 800'000 in meno (e i lavoratori altrettanti in più).
  • La spesa previdenziale complessiva sarebbe di 51,5 miliardi di € in meno
  • Il gettito previdenziale sarebbe di 50 miliardi in più (per via dei 4'800'000 che lavorano), considerando come pura ipotesi di lavoro di mantenere le stesse aliquote contributive.
  • Le entrate IRPEF sarebbero di 10 miliardi di in più (6-10), sempre a parità di aliquote fiscali.
  • Tabella 5 - Calcolo dell'impatto totale dei pre-pensionamenti secondo le condizioni "europee".
     
    Pos
    Seconda ipotesi
    Singoli casi (€)
    Totale (€*1000)
    %

    Pensionati di anzianità
    4'800'000 


    1
    Retribuzione media lorda (€)
    19'644 
    94'292'118

    2
    Contributi a carico della ditta (€)
    8'671 
    41'620'229
    81.2
    3
    Contributi a carico del lavoratore (€)
    2'002 
    9'608'164
    18.8
    4
    Totale contributi (2+3) (€*)
    10'673 
    51'228'393

    5
    Imponibile fiscale (1-3) (€*)
    17'643 


    6
    IRPEF (€*)
    3'194 
    15'330'507
    18.1
    7
    Netto per il lavoratore (1-3-6) (€*)
    14'448 


    8
    Mancato gettito Lordo (4+6) (€*)
    66'558'899

    9
    Pensione media (€*)
    10'760 
    51'647'239

    10
    IRPEF (€*)
    1'136 
    5'453'785

    11
    Pensione netta (9-10) (€*)
    9'624 


    12
    Costo delle pensioni (9) (€*)
    51'647'239

    13
    Mancato gettito netto (4+6-10) (€)
    61'105'114

    14
    Costo totale (12+13) (€)
    112'752'354

    Elaborazione personale su dati ISTAT



    Tre varianti per la seconda ipotesi
  • Come nella prima ipotesi, è possibile esaminare tre varianti, sul come sarebbe (stato) possibile destinare questo cambio di gettito. Riversandolo sui pensionati, che a questo punto passerebbero gradualmente da 16'204'568 a 11'404'568, avremmo, senza ritoccare le aliquote, una pensione media di 18'000€ annui (quasi 1'500€ al mese) con un aumento dell'89% rispetto ai 18 milioni e mezzo di oggi.
  • Se invece lasciassimo inalterata la pensione media e spostassimo il risparmio tutto sulle aliquote contributive, potremmo diminuire queste ultime del 29%.

  • Questo solo considerando il risparmio di 51,5 miliardi di €.
  • Se invece calcoliamo anche la possibilità di maggior gettito, legato alla permanenza nel mondo del lavoro dei 4.8 milioni di lavoratori allora Il calo sarebbe del 42%. L'aliquota passerebbe dal 39 attuale al 23%.

  • Si potrebbe ipotizzare allora un 4.4% a carico del lavoratore ed un 18.6% a carico della ditta, od altre suddivisioni più bilanciate tra datore di lavoro e lavoratore che diano comunque uno stipendio netto più alto al lavoratore e che aiutino a rilanciare i consumi interni.
    Più verosimile una variante mediata, che dia un adeguato aumento pensionistico, anch'esso destinato al rilancio graduale dei consumi interni, e contemporaneamente una sostanziale riduzione della pressione contributiva, utile per il rilancio produttivo e degli investimenti.

    Alcune considerazioni sulle ipotesi e sulle varianti.
    Le proposte sono di operare un cambiamento per i futuri pensionati, non per gli attuali. Quindi lo scenario che vede "diminuire" i pensionati è solo simulato, per calcolare la differenza di costo tra il sistema attuale e quello che avrebbe oggi il sistema futuro (se fosse stato adottato dieci o venti anni fa). In realtà lo scenario da prendere in considerazione è quello di uno stop dei pensionamenti fino a quando non si realizzano le condizioni anagrafiche nuove (65 anni) e questo porta ad un calo naturale dei pensionati ed al "non calo" dei lavoratori.

    Quest'ultimo deve essere ottenuto in tre modi:

  • cercando il più possibile di mantenere a scuola i giovani, fornendo loro una maggiore qualifica professionale.
  • Riversando il 50% del calo del costo pensionistico, dovuto al calo naturale ed allo stop dei pensionamenti, sulla diminuzione delle aliquote contributive a carico delle aziende e dei lavoratori.
  • Riversando l'altro 50% del calo del costo pensionistico sulla elevazione delle pensioni, partendo da quelle minime.
  • Inoltre la permanenza nel mondo del lavoro dei lavoratori fino ai 65 anni porta ad un graduale aumento del gettito contributivo e fiscale; questo rispetto al normale andamento legato all'usuale prepensionamento, che sottrae contribuenti al gettito. Anche questo aumento di gettito deve essere immediatamente ridistribuito come nei punti precedenti e cioè il 50% come diminuzione delle aliquote contributive ed un altro 50% come innalzamento delle pensioni, a partire da quelle più basse. Ho indicato il 50% in quanto data la sostanziale parità a cui si va incontro tra numero di pensionati e numero di lavoratori, mi pare giusto riversare metà dei risparmi verso le pensioni (solidarietà) e metà nel mondo del lavoro (produzione).

    Il volume dell'IRPEF e dell'IRPEG.
    Le proposte precedenti portano ad un notevole incremento delle entrate fiscali, anche se ciò si realizza gradualmente in una decina di anni. Oltre al calcolo fatto con le due ipotesi precedenti, (che indica a regime un maggiore gettito per l'IRPEF di quasi 10 miliardi di €) occorre considerare che incrementare le pensioni e diminuire le aliquote contributive dei lavoratori sono operazioni che aumentano il reddito imponibile (IRPEF) ed il reddito disponibile al consumo (e quindi soggetto ad IVA). Qui sta al governo stabilire cosa fare del maggior gettito previsto. A mio avviso, per coerenza con quanto esposto precedentemente, occorre procedere come segue:

  • un forte incremento dell'investimento nella educazione pubblica (strutture, sussidi didattici, classi) per sostenere la permanenza dei giovani a scuola ed incrementale la loro formazione professionale.
  • Uno stanziamento dell'IRPEF in ammortizzatori sociali di solidarietà (ed esempio sussidi di disoccupazione di tipo europeo) che aiutino sia i giovani che non trovano lavoro (ma solo a formazione professionale raggiunta completamente) sia i lavoratori più vicini alla pensione che si trovino senza lavoro.
  • Una diminuzione delle aliquote IRPEF che dia un ulteriore aumento del reddito disponibile (che è quello che si trasforma in consumi od in risparmio).
  • Diversamente dai contributi previdenziali, che sono ad aliquota fissa, è complesso calcolare quanto aumenterebbe il gettito IRPEF, in quanto si tratta di una imposta progressiva, che varia quindi a seconda della composizione degli imponibili. Nel caso dell'aumento delle pensioni minime l'aumento di gettito è decisamente basso, e possiamo non consideralo. Nel caso invece dell'aumento dell'imponibile dei redditi da lavoro legato alla diminuzione delle aliquote contributive, occorre considerare due variabili:
  • la diminuzione degli oneri previdenziali a carico della azienda porta ad un aumento degli utili (quindi ad un aumento del gettito IRPEG) e ad un aumento della quota di autofinanziamento (come "non dipendenza" dal sistema bancario) che le aziende possono usare per crescere ed assumere. In questo caso è implicito che il gettito IRPEF ed IRPEG vedrà ulteriori incrementi.
  • La diminuzione dell'onere previdenziale a carico del lavoratore porta sicuramente ad un aumento dell'imponibile IRPEF. Nella terza variante della seconda ipotesi si dava il 4.4% come probabile aliquota (a regime) per il lavoratore.

  • Prendendo in considerazione i redditi medi attuali di lavoro dipendente (19'625€ lordi) ciò porta all'aumento dello stipendio netto, calcolato per un impiegato, pari a 750€ annui (57€ su tredici mensilità).
    Tabella 6 - Stima dell'aumento del reddito disponibile per un lavoratore medio.
     
    Oggi
    Importi annui
    Aliquote %
    Futuro
    Importi annui
    Aliquote %
    Lordo
    19'625

    Lordo
    19'625

    Contributi
    2'000
    10.19
    Contributi
    864
    4.4
    IRPEF
    3'188
    16.24
    IRPEF
    3'574
    18.21
    Netto
    14'438

    Netto
    15'187




    Differenza
    750

    Fonte: elaborazione personale su dati ISTAT


    Per calcolare l'impatto sul gettito IRPEF, per i redditi da lavoro dipendente, occorre partire da quanto sono oggi i lavoratori dipendenti e stimare quanti potrebbero essere di più nello scenario creato dalla riforma delle pensioni. Occorrerebbe tenere conto che molto lavoro è irregolare (nero) a causa degli alti oneri contributivi e che molti rapporti di lavoro autonomo sono legati alla necessità aziendale di risparmiare sugli oneri contributivi. Un abbassamento delle aliquote contributive ed una parificazione delle aliquote tra dipendenti ed autonomi cambierebbe radicalmente il mercato del lavoro italiano. In teoria la piena occupazione, che dovrebbe essere l'obiettivo di una riforma radicale, dovrebbe vedere 28 milioni di lavoratori (il 50% della popolazione). Oggi, contando lavoratori dipendenti, indipendenti, regolari ed irregolari, si arriva a 22 milioni. Mancano quasi sei milioni all'appello. Quattro milioni ed 800 mila oggi sono pensionati, grazie alla possibilità di andare in pensione prima dei 65 anni. La differenza e' data, con buona probabilità da lavoro sommerso ed illegale.

    Tabella 7 - Stima del maggiore gettito IRPEF legato all'aumento dell'imponibile (dovuto alla riduzione delle aliquote) in funzione della estensione della base impositiva.
     
    (CASI in migliaia) 1997 Regolari Irregolari Totale
    Lavoratori dipendenti
    13'549
    2'682
    16'231
    Lavoratori indipendenti
    5'277
    599
    5'876
    Totale
    18'826
    3'281
    22'107
    Obiettivo (50% della pop)

    28'000
    Maggiore IRPEF (ipotesi)      
    Lavoratore medio = + 386 €      
    (GETTITO presumibile in €) 1997 Regolari Irregolari Totale
    Lavoratori dipendenti
    5'234'290'672
    1'036'012'540
    6'270'303'212
    Lavoratori indipendenti
    2'038'455'381
    231'372'691
    2'269'828'071
    Totale
    7'272'746'053
    1'267'385'230
    8'540'131'283
    Obiettivo (50% della pop)
    21'062'661'716

    Fonte: elaborazione personale su dati ISTAT


    Dalla simulazione si nota che oltre ai 10 miliardi di € di maggiore IRPEF dovuta alla permanenza al lavoro di 4,8 milioni di lavoratori, l'aumento dell'imponibile porta tra i 5 ed i 9 miliardi di € di maggiore gettito (sempre IRPEF).
    Nell'obiettivo di raggiungere come popolazione attiva il 50% di quella residente, ho calcolato l'IRPEF che verrebbe pagata dai 5,9 milioni di italiani che oggi non lavorano (28 milioni meno i 22,1 che sono statisticamente noti).

    In questa cifra finale quindi ci sono i 4,8 milioni di "ex-pensionati" ed un altro 1,1 milione di lavoratori in nero che oggi sfuggono ai rilievi statistici. L'aumento massimo di gettito IRPEF corrisponde quindi a 30 miliardi di €. E' una cifra più che sufficiente per le politiche di rilancio dell'investimento educativo e per il sostegno della disoccupazione. Ritengo quindi che almeno la metà di quella cifra debba essere convertita in un calo delle aliquote IRPEF, rinunciando al gettito e contribuendo ulteriormente ad innalzare il reddito disponibile dei lavoratori. Se la metà di questi 30 miliardi fosse convertita in calo delle aliquote IRPEF, i 28 milioni di lavoratori avrebbero in media 500 € in più all'anno da spendere (e se lo facessero, una buona parte, al massimo il 20%, diventerebbe gettito IVA).

    Il volume del valore aggiunto e del PIL
    L'amento degli utili, dovuto al calo del prelievo contributivo e quindi al calo del costo del lavoro, porta ad un incremento del valore aggiunto e quindi in sostanza sia dell'IVA che del PIL. Parte di questo incremento di utili aziendali potrebbe essere riversato in una marcata riduzione dei prezzi e dell'IVA, congiuntamente concordata tra governo ed economia. Questo sarà più fattibile in tutti quei prodotti ad alta densità di utilizzo della mano d'opera. L'incremento del PIL è comunque giustificato anche dalla emersione del lavoro nero (oggi stimato attorno al 28% del PIL ufficiale).

     
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