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L'intervista a Massimo Cacciari e' stata realizzata in collaborazione col Movimento
per l'Ulivo di Vicenza e grazie a Paola Scanagatta, che ha avuto l'idea e l'ha eseguita
fisicamente.
Le domande sono state formulate da Francesco Forti

Domanda:
1) In Italia il federalismo viene visto istintivamente come fondato sulle
regioni, cosa che invece secondo alcuni riguarda piu' la costruzione
europea che quella italiana. Ritiene che il federalismo italiano debba
fondarsi piu' sulle citta' e sulle province, opportunamente riorganizzate
per nuovi e piu' massicci compiti, oppure condivide il disegno a prevalenza
regionalista?

Risposta:
La riforma federale dovra' essere una riforma di sistema che modifichi
radicalmente l'Amministrazione centrale, le Regioni e gli Enti Locali sulla
base del principio di sussidiarieta'.
Si sa che nella Costituzione i poteri locali sono interpretati come poteri
*derivati* non originari: soltanto alcune competenze sono delegate alle
istanze periferiche e sono meno importanti e meno numerose di quelle
attribuite allo Stato Centrale. Nella mia ipotesi invece ognuno nel suo
ambito deve avere poteri *originari*.
Solo mediante una simile "rivoluzione copernicana", che ponga al centro
cio' che finora e' stato concepito come periferia e stabilisca le funzioni
del centro sulla scorta di cio' che la periferia non e' fisiologicamente in
grado di produrre con efficienza, saranno poste basi solide ad un vero
federalismo.
Questo non puo' ridursi a regionalismo, cioe' non puo' essere la
ridenominazione delle attuali Regioni in Stati della Federazione (cio' che
sarebbe la riproduzione in scala minore del centralismo). Dovra' invece
fondarsi sulle citta' nel quadro di un riassetto in senso macroregionale.

Domanda:
2) Come vede la proposta di avere, nell'ambito del federalismo italiano
alcune citta' stato? Venezia potrebbe essere una di queste?

Risposta:
In linea di grande disegno (e intendendosi bene sulla definizione di
citta'-stato onde evitare, come dicevo per le Regioni, il proliferare di
centri e quindi il riprodursi moltiplicato di tutti gli svantaggi del
centralismo), si puo' ipotizzare, per alcune citta' tra cui Venezia, il
modello di citta'-stato quali Amburgo o Brema.

Domanda:
3) tra un sistema di federalismo fiscale a quote di partecipazione di
imposte centrali (erariali) ed uno basato sulla autonomia finanziaria piena
(con l'integrazione di un fondo di compensazione) quale ritiene sia piu'
valido per corretti rapporti tra centro e periferia?

Risposta:
L'Amministrazione Comunale di Venezia ha gia' da tempo approvato un
progetto di legge delega al Governo per la riforma della finanza comunale e
provinciale, intendendo cosi' tradurre in norme giuridiche i principi della
responsabilita' e dell'autonomia dell'Ente Locale.
Secondo noi, per realizzare questi principi bisogna risolvere innanzitutto
due problemi: quello della diversita' dei livelli di ricchezza dei Comuni
italiani, per la quale l'attuazione rigorosa del principio di
responsabilita' comporterebbe gravissime differenze nella qualita' dei
servizi comunali e addirittura l'impossibilita' per i Comuni "poveri" di
soddisfare alcuni bisogni essenziali; e quello della eterogeneita' delle
dimensioni dei Comuni, la maggior parte dei quali incontrerebbe serie
difficolta' a regolare e ad amministrare autonomamente i tributi propri.
La soluzione del primo problema sta', secondo il nostro progetto di legge,
nella statuizione della regola che i servizi indispensabili (quelli che
devono essere forniti a tutti, in ogni parte della Repubblica, siccome
corrispondenti ai diritti di cittadinanza) sono a carico della fiscalita'
generale: individuati tali servizi e stabilito il livello minimo al quale
devono essere prestati a tutti, il loro costo medio (quello, cioe',
corrispondente ad una sana gestione) e' a carico dello Stato. Dipendera'
anzitutto dalla efficienza dei diversi Comuni, e poi dal loro sforzo
fiscale, il livello in ciascuno di essi, maggiore o minore di quello
minimo, dei servizi indispensabili e il costo per gli utenti di quelli a
domanda individuale, nonche' l'eventuale istituzione di servizi non
indispensabili.
Viene attribuito alle Regioni la funzione del controllo sulla istituzione
del servizi, che e' il presupposto per l'erogazione dei trasferimenti
statali. Naturalmente la dislocazione del confine fra servizi
indispensabili e non, vale a dire l'estensione dei diritti di cittadinanza,
dipende dai rapporti di forza tra le classi sociali e dagli orientamenti
politici prevalenti, che si manifesteranno in una Conferenza delle
Autonomie, da istituirsi quale luogo di valutazione del contrapposti
interessi e di componimento dei conflitti.
Viene meno in tal modo l'esigenza di complicati e sempre discutibili
trasferimenti perequativi. Restano salvi solo i trasferimenti del fondo
investimenti consolidato, destinati a ridursi gradatamente con l'estinzione
dei mutui garantiti, e gli eventuali trasferimenti regionali per specifici
investimenti.
La soluzione del secondo problema sta' nell'attribuzione ai regolamenti di
autonomia di valore derogatorio alla legge per tutte quelle disposizioni
che possono essere lasciate all'autonomia locale senza contraddire all'art.
23 della Costituzione. In tal modo i Comuni e le Province che non vogliono
o non possono regolare autonomamente i tributi propri continuano a trovarne
nella legge statale la compiuta disciplina.

Domanda:
4) Non ritiene che il fatto che il centro disponga della distribuzione di
quote di tributi possa portare ad opportunismi politici quando chi governa
un territorio e chi governa il centro appartiene alla stessa maggioranza,
soprattutto mancando una camera appositamente costituita per rappresentare
i territori in modo paritetico?

Risposta:
Il pericolo esiste, come d'altronde e' sempre esistito. Per questo, tra
l'altro, mi batto affinche' dalla riforma istituzionale oggi al centro del
dibattito politico interno scaturisca il progetto di conformare uno dei due
rami del Parlamento in "Senato delle Regioni", ossia in una "Camera deile
Autonomie" effettivamente rappresentativa, in modo paritetico, di tutti i
territori dello Stato. Personalmente, ritengo questo uno dei momenti
imprescindibili e quindi decisivi nel quadro del passagglo dalla Prima alla
Seconda Repubblica e dell'attuazione del federalismo.

- Massimo Cacciari -