Progetto Italia Federale

Approfondimenti
a cura di Francesco Paolo Forti
Fusioni Comunali
Comuni come "società per azioni"? 

Gian Marino Martinaglia

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 Ultimo aggiornamento: Ottobre 2004
 
 

La struttura federale o confederale della Svizzera è indubbiamente un elemento fondamentale che ha caratterizzato alcuni suoi successi invidiabili: ad esempio nel campo della convivenza culturale e della valorizzazione delle minoranze linguistiche, come anche in campo economico. La stabilità politica e la coesione, che  si sono consolidate nella diversità culturale e linguistica e nel rispetto reciproco delle popolazioni del piano e della montagna, hanno dato vita a prodotti di qualità e ad un settore di ricerca mondialmente riconosciuto. Questo sviluppo sociale, culturale ed economico ha trovato forme adattate sul territorio: a livello dei Cantoni e dei Comuni (con le loro molteplici strutture istituzionali e di collaborazione che sono nate). Oggi l’economia e le sue manifestazioni di potere stanno invadendo e soverchiando il campo della struttura politica federale, compromettendo il sano equilibrio che la Svizzera ha imparato a mantenere ed a rafforzare nella sua esistenza. Ne è un esempio la corsa alle aggregazioni comunali, imposta e diretta dall’alto dal Cantone Ticino, con modi e tempi che riflettono questa confusione e questo squilibrio.
 
I progetti di fusione dei Comuni ticinesi stanno rivelando la loro vera natura antidemocratica e centralizzatrice. Dopo le sonore bocciature di diversi progetti (Verzasca, Leventina, Medio Malcantone, Bignasco..), un gruppo di lavoro ha elaborato un corposo documento critico che invita come minimo ad una “pausa di riflessione". Sono peraltro forti le perplessità suscitate in chi fu addirittura promotore di un primo progetto di aggregazione negli anni 80, e che fra l'altro, dalla sua esperienza a capo del destituito Ispettorato dei Comuni (poi sostituito da un organo più genericamente denominato Enti Locali), ci ha lasciato una preziosa e voluminosa collana civica dedicata proprio al Comune.

Lo spirito che Eros Ratti ricorda all'origine di quel progetto era in sostanza quello di aggregare i comuni deboli per rafforzarne la partecipazione democratica e ravvivarne le risorse umane. Oggi esso è completamente snaturato e diventa invece l'occasione per fagocitare le cosiddette periferie come potrebbero essere la Valcolla per Lugano (agglomerato leopardato che ha già accorpato paesi esterni come Davesco, Cureggia, Pambio... o Breganzona, mentre sono rimasti esclusi Paradiso e Massagno più omogenei alla città) o la Valle Verzasca per i Comuni del piano, oppure ancora per risanare comuni che hanno gestito meno bene le loro risorse accorpandone altri più sani. Si è così giunti alla prima aggregazione forzata di Sala Capriasca, contro il volere della sua popolazione. Si progettano poi fusioni cosiddette d'opportunità che coinvolgono territori troppo estesi e non omogenei come in Gambarogno (da Contone comune dell'industrializzato piano al comune montano d'Indemini).

Forse, più brutalmente in sintonia con i tempi della globalizzazione e di un'Europa centralista, c'è l'intento confuso e pericoloso di un Cantone incapace di vedere i Comuni se non esclusivamente come soggetti economici: vere e proprie SA (società anonime per azioni). Nel nuovo mercato dei villaggi, i più forti comprano i piccoli, in un gioco che similmente alla crisi economica attuale delle imprese può diventare poco trasparente e sfuggire al controllo stesso del piccolo “azionista”. Ci si dimentica completamente che i Comuni sono altra cosa: fondamento stesso della nostra struttura democratica federalista, la quale distribuisce e fraziona su più livelli il potere e quindi per sua natura è garante delle minoranze e della partecipazione. Con le fusioni di villaggi non omogenei, magari animati da interessi contrastanti (piano e montagna, qualità della vita ed espansione economica..), la voce delle piccole comunità verrà semplicemente cancellata. Il Cantone non riconosce più il diritto all'indipendenza di queste comunità. Dove c'è cultura e identità locale infatti il Comune è ben vivo: come soggetto e non oggetto da acquistare esso può semmai trovare aggregazioni con altre comunità vicine e affini ma solo con l'accordo univoco della popolazione; può, perché no, cercare forme nuove di consorzio sulla base di frazioni di uguale peso e diritto di partecipazione; può ancora migliorare e condividere l'uso delle sue risorse superando finalmente l’attuale fase di sprechi o di clientelismo, senza dimenticare infine che alla base della nostra convivenza esiste un principio di solidarietà. In base a quest'ultimo è ovvio che le comunità discoste di montagna possono avere bisogno dell'aiuto del piano o dei comuni più attrezzati o diciamo più fortunati dalle circostanze mutevoli della storia. Ma questa compensazione, che il Cantone vuole ora furbescamente rimescolare, va effettuata riconoscendo in pieno l’indipendenza di queste entità culturali e civiche. Il Comune non può diventare una società anonima della quale si acquisisce il "pacchetto azionario" al ribasso per conglobarla in un'altra. Fallire questa solidarietà significa fallire il concetto stesso di Cantone, significa minare la struttura democratica, significa limitare o spegnere quella partecipazione che può invece portare preziosi  ricambi di persone e di intelligenze nei nostri tre livelli federali, cantonali e comunali.  

Gian Marino Martinaglia
membro dell’associazione per l’autonomia dei comuni ticinesi




Nota: l'osservatorio raccoglie volentieri contributi sui vari temi dell'autonomia comunale nei vari paesi (federali e non).