Progetto Italia Federale

Approfondimenti
a cura di Francesco Paolo Forti
Federalismo - Perché?
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 Ultimo aggiornamento: Gennaio 2002
 
Ho ricevuto l'invito a partecipare ad una discussione sul federalismo.
In particolare le domande poste erano le seguenti:
 
Le domande che ci poniamo sono:
1. è possibile attuare un’organizzazione federalista in Italia, alla luce delle distanze “economiche” che ancora caratterizzano le molte realtà del nostro paese? 
2. può il federalismo attenuare e debellare tali differenze economiche? 
3. non sarebbe auspicabile una organizzazione federalista soltanto nel momento in cui tutte le regioni del nostro paese siano in grado di essere “autonome”?

Premessa.
Ritengo che una vera risposta sarebbe possibile solo a consuntivo; dopo una decina di anni, a cose fatte. Questa sarebbe  una risposta vera, nel senso che potremo dire SI o NO osservando ciò che è realmente successo. Oggi possiamo solo fare ipotesi, in base alle conoscenze attuali sia della situazione italiana, sia di quella di altri paesi federali o centralizzati. Per ipotizzare tuttavia occorre conoscere e noi non abbiamo, in Italia, una consapevolezza delle specificità del federalismo che ci aiuti in quetsa decisione. Non ne abbiamo perché non abbiamo esperienza diretta di cosa sia il federalismo. Questo è normale perché non siamo un paese federale. Possiamo quindi solo confrontarci con le esperienze degli altri e con le teorie che discendono da quelle esperienze. Possiamo accettare o rifiutare le esperienze e le teorie altrui, naturalmente, e ciò avviene a seconda che esse siano vicine o lontane al modo di pensare di ognuno di noi. Ovviamente non possiamo decidere di cambiare a scatola chiusa, osservando i risultati solo dopo. Chi vuole cambiare vuole anche sapere prima verso cosa e come. Ha perfettamente ragione. Solo che non può pretendere di essere sicuro al 100% di cosa succederà e di come avverrà il cambiamento. Se una simile cosa fosse possibile non avremmo certo i problemi che l'umanità ha oggi. 

Le domande.
Fatta l'opportuna premessa, svolgerei la discussione sotto il profilo analitico, suddividendo in fasi le mie risposte.

Cambiare: perché?
Oggi l'Italia non è un paese federale. Ipotizzare il federalismo per l'Italia significa premere per una profonda trasformazione di tutta la società. Prima di impegnarci in una così grande impresa occorre chiederci perché. Di solito si vuole cambiare perché non si è soddisfatti della situazione presente. Chi fa le cose in modo ordinato ed organizzato, partirà da un elenco di cose che non vanno per poi approdare ad una o più idee di soluzione. Le soluzioni prospettano scenari in cui i problemi attuali sono risolti. A parte quindi le soluzioni che vedono una riparazione della cosa che non va, le altre soluzioni innovative, che producono cose nuove, saranno basate su sistemi radicalmente diversi. Se per esempio siamo insoddisfatti di una motocicletta, per le cadute e per quando piove, la soluzione sarà un veicolo a 4 ruote e coperto, dotato quindi di un diverso assetto in curva e di una diversa impostazione di quida.  Se la soluzione - il cosa - è convincente (convince la maggioranza) si può passare alla fase progettuale - il come - ed anch'essa necessita di una approvazione democratica. Si passa poi alla fase esecutiva vera e propria e lì si osserveranno poi i risultati, sulla cui analisi baseremo le successive fasi migliorative. Bisogna ovviamente essere coerenti, quando si cambia. Occorre andare fino in fondo. Inutile proporre di mettere il manubrio invece del volante o proporre ibridi a tre ruote, solo perché si ha paura a fare tutti i cambiamenti necessari. 

Questo modo di procedere mi fa pensare che ci sia qualcosa di strano nella terza domanda, che vorrei per questo affrontare per prima. E' chiaro che uno dei maggiori problemi attuali italiani è dato dalle notevoli differenze economiche nel territorio. Le differenze sono sia macro regionali (nord, centro e sud) ma anche regionali e provinciali, perché dentro le regioni vi sono ulteriori divari legati sia al rapporto tra provincie diverse sia alla differente ricchezza dei capoluoghi regionali e provinciali rispetto alla campagna. Per prima cosa è chiaro che se l'assetto centralizzato fosse in grado di risolvere questo problema, non saremmo qui a chiederci se il federalismo lo risolve o meno, e come. 

Federalismo perché?
Potremmo discutere se il federalismo sia più o meno utile per altri aspetti (organizzazione, burocrazia …) ma non per questo. Inutile quindi chiederci se sia meglio posticipare il federalismo a quando avremo regioni autonome (e quindi economicamente autosufficienti) perché allora non avremmo più bisogno del federalismo. D'altra parte è sotto gli occhi di tutti che, stante la situazione attuale, l'assetto centralizzato non ha risolto affatto questo problema. Non lo ha risolto in 140 anni di unità nazionale; non lo ha risolto nei periodi di crisi ed in quelli di boom. Il divario, pur oscillando, è andato sempre aumentando, dato che il Nord e le Città hanno avuto ritmi di crescita superiori a quelli del Sud e delle Campagne. Un fenomeno molto simile lo si osserva in Francia, con la crescita tumultuosa della regione di Parigi. 

Il divario nei paesi federali.
Sull'altro fronte si osserva che nei paesi federali il divario è inferiore a quello italo/francese e pur oscillando in funzione di fenomeni congiunturali, pare essere in lenta diminuzione, anche in presenza di una forte crescita dell'insieme della ricchezza del paese. Si può magari dissentire a seconda dei dati matematici e statistici che si hanno a disposizione ma chiunque viaggi per la ex Germania ovest o per la Svizzera trova una ricchezza egualmente distribuita. Questo è dovuto a molti fattori tra cui uno dei principali è dato sicuramente dalla qualità del welfare state. I dati (Eurostat) che ho a disposizione indicavano per il 1984 che la Germania era il paese con le minori disuguaglianze regionali (indice di Ghini a 0,058) e che l'Italia era il paese con quelle maggiori (0,125). Questo è legato al fatto che i paesi federali nascono proprio da una situazione di partenza di equilibrio tra i contraenti del foedus, anche se per la Svizzera di 700 anni fa nessuno può confermarlo, visto che dubito che allora si calcolasse il PIL , tanto meno quello regionale o l'indice di Ghini. Per quanto riguarda la Germania post riunificazione va detto che il divario creatosi subito dopo la caduta del muro di Berlino si è ridotto di molto, diventando di nuovo inferiore a quello italiano. Una cosa che in Italia non è mai successa. Va inoltre detto che anche le differenze di pil pro capite sub nazionale negli stati USA sono inferiori a quelle regionali italiane, considerando ovviamente le dimensioni delle entità sub nazionali in fatto di popolazione. 

La misura del divario subnazionale.
Ogni nazione, centralizzata o federalista, ha picchi di ricchezza locali. Solo che in Italia sono grandi regioni ad essere ricche (Lombardia) e povere (Calabria, Campania, Sicilia) mentre nei paesi federali questi picchi rappresentano piccole entità (di solito città stato come Ginevra e Basilea, Amburgo e il minuscolo distretto della Columbia) mentre il grosso della popolazione vive attorno alla media nazionale. In Italia e Francia invece sono pochi a vivere attorno alla media ed il 90% vive o sopra o sotto. Il divario quindi si misura osservando la dimensione quantitativa dello scostamento dalla media. Se in un Paese abbiamo 100 persone, di cui 98 nella media, una molto ricca ed una molto povera, avremo un basso divario. Se abbiamo invece solo 2 persone nella media, 49 molto ricche e 49 molto povere, avremo un divario impressionante. Matematicamente le due popolazioni potrebbero avere la stessa media (come i famosi polli di Trilussa) ma è chiaro che differiscono per deviazione standard. Se poi ricchi e poveri sono concentrati geograficamente in aree diverse, abbiamo un divario geo economico. Il problema è come passare da una realtà del secondo tipo (elevato divario) ad una del primo tipo (basso divario). 

Divari: destino immutabile?
Detto questo è chiaro che uno degli aspetti più interessanti del dibattito politico è se sia possibile avere un federalismo in un paese dai forti divari oppure se questa condizione sia essa stessa di ostacolo al federalismo.  Per rispondere, o per lo meno per tentarci, occorre capire perché il divario aumenta in un paese centralizzato e perché invece in uno federale è inferiore. Un classico esempio può essere fatto per la Svizzera osservando la crescita del piccolo Canton Zugo, il più povero ad inizio secolo, il più ricco oggi. Ciò può portarci a ritenere che una piccola realtà in grado di autogovernarsi può capovolgere la sua posizione, in quanto diventa arbitro del proprio destino politico ed economico ed inoltre è inserito in un contesto cooperativo e sussidiario che lo sostiene. Una situazione simile è accaduta per il Ct. Ticino, che da una realtà di assoluta povertà dell'inizio del secolo è approdato ad essere nella media svizzera, posizione ovviamente di rilievo elevato, dato che la media svizzera e' una delle più alte del mondo. Situazione simile per l'Alaska, negli Stati Uniti.  Sembrerebbe che il sistema federalistico sia più dinamico, caratterizzato da equilibri in continua evoluzione. 

Le differenze di Sistema. 
Il sistema centralizzato vede una scarsa autonomia locale e quindi tutto dipende dalle decisioni del centro politico governativo, preda di molteplici ed opposte pressioni locali che portano il centro all'immobilismo ed a lasciare crescere chi è già forte. Il sistema federalista vede una situazione opposta: una rete di autonomie politiche ed economiche legate da una struttura unica - stesse leggi federali, unico welfare state - ma libere di muoversi, in cooperazione ed in competizione, di crescere in base al risultato di azioni locali e di azioni comuni. 

Le risposte. 
Alla luce di quanto detto ritengo che alla prima domanda si debba rispondere che non solo è possibile ma che addirittura è auspicabile. Il risultato non sarebbe certo istantaneo, ma misurabile comunque in tempi non storici, nell'arco quindi della vita di un individuo. Non basta ovviamente solo il federalismo. Oggi in Italia abbiamo a mio parere un pessimo welfare state, che non distribuisce bene la ricchezza. Le due riforme sono da portare avanti contemporaneamente, anche perché il federalismo ha influenza in buona parte del welfare, soprattutto nella parte gestionale locale, mentre le regole generali di indirizzo sono solitamente nazionali. 

Alla seconda domanda risponderei che non è il federalismo a debellare ma che sono gli uomini a farlo, quando sono inseriti in un diverso contesto strutturale. Anche oggi si vorrebbe ma non ci si riesce; l'insuccesso, al di là delle oscillazioni congiunturali, è sotto gli occhi di tutti. E' il sistema a frenare, disperdendo le energie, ostacolando le iniziative dei singoli (individui, enti, gruppi, città, consorzi, distretti, provincie, regioni …). Un diverso assetto, un diverso sistema, potrebbe invece fare da leva, da trampolino, da agente moltiplicatore.