Progetto Italia Federale

Approfondimenti
a cura di Francesco Paolo Forti
Per un federalismo 
non solo a parole
(Maurizio Mottini)
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 Ultimo aggiornamento: Gennaio 2002
 
Da oltre un decennio il termine "federalismo' ricorre quotidianamente nella cronaca delle vicende politiche italiane.

"Federalismo" non certo riferito al processo d'integrazione europeo che, con la nascita dell'Euro oggi richiederebbe una fase costituente (gli Stati Uniti d'
Europa del Manifesto di Ventotene). Ma "federalismo" come spunto, ipotesi, riferimento a questioni tutte interne, ai "fatti nostri" che, nel provincialismo imperante nel paese, sono modesti tatticismi dei due schieramenti che si contrappongono nello spurio bipolarismo italico. Spurio perche` non ancorato a visioni politico-programmatiche che si fronteggiano per conquistare il consenso della maggioranza, ma ancorato a contrapposizioni pseudo-ideologiche di delegittimazione reciproca (il pericolo "comunista" e il "cavaliere nero delle TV"). In questo contesto il termine "federalismo" assume cento significati diversi. Per la Lega Nord e` sinonimo di confederazione, spinto fino alla secessione in una recente fase politica, solo da pochi mesi abbandonata. Per coloro che temono ogni allontanamento dall'assetto previsto dalla vigente Costituzione, come sinonimo, magari un po' spregiudicato, di decentramento di funzioni alla Regioni da parte dello Stato centrale, della Repubblica "una e indivisibile". Nel mezzo le mille sfumature possibili.

L'introduzione di questo vocabolo e il suo successo, nascono tuttavia da fatti reali. Di questi fatti reali le manifestazioni a livello politico sono state il sorgere e l'affermazione elettorale della Lega Lombarda prima, e della Lega Nord successivamente. Manifestazioni ancorche` rozze e prive di respiro culturale adeguato, che nascevano da tensioni presenti nella societa`. Il termometro che misurava la febbre.
Fatti reali che sono poi le trasformazioni economiche, sociali, culturali e la crisi di un sistema politico ed istituzionale. Una crisi di rapporti tra quel
sistema e la societa`, acceleratasi con Tangentopoli e l'operazione giudiziaria e mediatica di "mani pulite", ma che era presente a partire dagli anni settanta.
Una crisi dovuta all'incapacita` di un sistema pubblico centralistico, di vedere, di capire cosa succedeva e di agire efficacemente e tempestivamente.
Questa crisi nasceva dalla contraddizione crescente nei rapporti tra le istituzioni e amministrazioni pubbliche e la societa` italiana, mentre premevano
le nuove domande date dal processo d'integrazione continentale (Unione europea) e mondiale.

Crisi di un sistema istituzionale incapace di produrre modifiche del suo modo di funzionare anzitutto, come dimostrarono il "nulla di fatto" delle varie
commissioni bicamerali, da quella Bozzi della meta' degli anni 80, a quella presieduta da D'Alema e ibernata nell'estate del 98.
Crisi di un sistema politico per la progressiva inefficienza ed inefficacia delle strutture centralizzate della Pubblica Amministrazione, per il sostanziale
fallimento dell'esperienza delle Regioni, nate solo negli anni 70 con larghissimo ritardo rispetto all'entrata in vigore della Carta Costituzionale del 1948.
Crisi politica infine dell'intervento pubblico nella gestione dell'economia (i disastri EFIM, IRI), nel protrarsi di costosi monopoli pubblici essenziali per i
servizi e per l'energia (Porti, SIP, ENEL, ENI, AUTOSTRADE) e nelle crescenti difficolta` a competere per enti pubblici come le FF.SS e l'ALITALIA.
L'accelerazione della crisi veniva fortemente incrementata anche dalla fine del Comunismo (Caduta del muro di Berlino dell'89) che poneva termine alla
particolare situazione italiana come confine estremo, geopolitico e di scontro interno est/ovest, che aveva prodotto un sistema politico bloccato, consociativo in quanto unica soluzione per il mantenimento della democrazia.
Come tutti i sistemi consociativi la democrazia e` sufficiente per l'insieme, ma tende a ridursi all'interno dei protagonisti della consociazione. Anche il
sistema dei partiti veniva quindi coinvolto da forme di centralizzazione e di restringimento della dialettica interna e tra centro e periferia.

La crescita del debito pubblico e la progressiva ingovernabilita` della finanza pubblica erano le conseguenze strutturali di un sistema non piu' funzionante, di una economia che solo nell'inflazione e nelle periodiche svalutazioni della lira trovava il modo di andare avanti.

Sotto i colpi della Lega, di "mani pulite", dei referendum elettorali, l'assetto del sistema politico veniva sconvolto e, in una situazione eccezionale, i Governi Amato e Ciampi, che potremmo definire per molti aspetti governi del Presidente della Repubblica, avviavano l'urgente opera di risanamento
finanziario e le prime misure per smantellare il sistema dell'intervento pubblico per adeguarlo alla nuova realta`.
Erano necessarie misure che riguardavano anche tematiche sociali rilevanti, che poterono essere affrontate anche per il contributo del movimento sindacale, ponendo fine progressivamente alla inflazione, al troppo elevato costo del denaro. Con il Governo Dini, mettendo anche mano ad una sostanziale, anche se incompleta, riforma del sistema pensionistico, avviato altrimenti alla bancarotta.

Il Governo Prodi poteva cosi` affrontare vittoriosamente la sfida per entrare subito nell'Euro e il Governo D'Alema, pur con grandi difficolta`, poteva proseguire nell'opera di adeguamento e di riforme del sistema economico sociale.

Si poneva tuttavia anche l'esigenza di cambiamenti sia della forma dello Stato, sia della forma di governo.
Ma proprio sul terreno delle riforme istituzionali (forma dello Stato e forma di governo) i risultati sono stati modestissimi. Qualche novita` per Comuni,
Province e Regioni, ma essenzialmente legate al nuovo sistema elettorale. Un primo barlume di bipolarismo con l'abbandono del sistema puramente proporzionale per le elezioni della Camere. L'opera piu` impegnativa di riforma, nella linea del decentramento amministrativo a Costituzione invariata, con le leggi Bassanini, trova ora resistenze eccezionali nelle tecnostrutture amministrative pubbliche a tutti i livelli.
Alla generalita` dei cittadini non giunge un messaggio di cambiamento sufficientemente percepibile. Il bipolarismo spurio non risolve i problemi. Il centralismo inefficiente e` ancora largamente presente. La fase attuale viene vissuta con crescente disaffezione dei cittadini.

Le manovre per le alleanze necessarie ai due schieramenti per l'imminente scontro elettorale per le Regioni, ancora una volta, vengono affrontate con
scarsissimo riferimento ai programmi, ma come appello al non far vincere lo schieramento avversario.
Entrambi gli schieramenti vociferano di "federalismo". Al nord perche` c'e` un elettorato leghista che si presume interessato all'argomento. Al sud certo di
meno; ma anche in quella parte d'Italia si cerca di cogliere un interesse ad uno sviluppo autonomo di diverse parti del Meridione, deluse dai molti "interventi straordinari"dal centro, da Roma, che nel passato non hanno dato certo risultati apprezzabili.
Il rischio tuttavia che, passate le elezioni regionali, il termine "federalismo" passi di moda e` rilevante.
Mentre sarebbe certamente necessaria una riflessione seria sull'argomento. Soprattutto per chi vuole caratterizzarsi come riformista.

Secondo Daniel Elazar, uno dei piu` prestigiosi studiosi del federalismo, da due decenni e` in corso una "rivoluzione federalista" in molti paesi, anche europei. Spagna, Regno Unito e Belgio hanno in corso processi di riforma istituzionale in senso federalista. Anche in altri paesi nel mondo sono avviati processi simili.

La globalizzazione, paradossalmente, e` alla base di queste tendenze. Non sono mancati studi al riguardo, volti a comprenderne le ragioni. Molto
schematicamente si puo` affermare che gli Stati nazionali sono alla ricerca di legami di vario tipo, a livello continentale, per governare almeno in parte, fenomeni e processi che valicano i propri confini. In questa ricerca sono disposti a privarsi di alcune prerogative, di porzioni di sovranita`.
Tuttavia la competizione imposta dalla globalizzazione, tende a sollecitare la valorizzazione di comunita` politiche di tipo regionale, sia per le esigenze
della competizione economica, sia per diffuse preoccupazioni sul futuro (in questo caso anche per motivazioni etniche, di difesa della propria specificita`). Il "globale" quindi promuove il "locale". Anche dal basso pertanto si manifesta una tendenza alla riduzione del ruolo e del potere dello Stato nazionale.

Il federalismo quindi, dice Elazar, si presenta come soluzione possibile di queste tensioni. E potremmo aggiungere sia verso l'alto che verso il basso.

Secondo Ljiparth, altro eminente studioso dei sistemi politico-istituzionali, gli attributi formali del federalismo, come principio di organizzazione
istituzionale, sono i seguenti:

  • Costituzione scritta che definisce la divisione dei poteri e garantisce che non possano essere sottratti a chi sono stati assegnati
  • Una camera che rappresenti le unita` che formano la federazione
  • Rappresentanza piu` che proporzionale alle unita` piu` piccole nella camera di cui sopra
  • Diritto delle unita` componenti di essere coinvolte in modifiche della Costituzione mentre conservano la possibilita` di modificare la propria
  • Una fetta di potere alle unita` componenti maggiore che a quelle regionali di uno Stato unitario
  • Tuttavia il federalismo, secondo Elazar, non e` riducibile solamente ad un principio di organizzazione delle istituzioni. Esso e` anche un principio
    politico, un fattore direttamente politico, capace di plasmare il comportamento delle comunita` politiche.
    E` una forza politica perche` e` coerente col principio secondo il quale non esistono maggioranze o minoranze semplici: tutte le maggioranze sono in realta` composte da una pluralita` di gruppi.
    La societa` complessa e pluralista, tipica di questa fase di trasformazione, trova una soluzione democratica sulla base del consenso, che deve caratterizzare una comunita` politica, ma nel contempo deve tutelare la liberta`, non solo dei singoli, anche delle comunita` minori (sia su base territoriale che non territoriale).
    Ecco quindi che il federalismo, come combinazione dell'autogoverno (self rule) e del governo comune (shared rule), si presenta come un "rimedio repubblicano e mali repubblicani"(Madison). Il federalismo si fonda sulla valutazione delle relazioni politiche tra individui e comunita`, tra governanti e governati. E` quindi un concetto di valore, come la democrazia. E` una parte, sempre piu` rilevante, della ricerca del miglioramento della democrazia per le comunita` politiche.

    Sempre secondo Elazar il federalismo ha diverse caratteristiche:

  • Sul piano politico tende a promuovere la diffusione del potere in modo che "l' ambizione contrasti l'ambizione"; compone entita` che non perdono la loro integrita`. Impedisce la prevaricazione (del singolo ma anche della maggioranza) senza impedire il governo comune; e` pertanto un rimedio politico a mali politici.
  • Sul campo dell'analisi del funzionamento dell'organizzazione di sistemi complessi (cibernetica) si caratterizza per la ridondanza nello svolgimento delle funzioni di governo. Questo fatto sembra negativo sotto il profilo della efficienza del processo decisionale, ma non e` cosi` perche` invece crea
  • "meccanismi a prova di guasto" (quante decisioni irrevocabili si sono arenate perche` non sufficientemente preparate, affinate per il necessario concenso sociale!).
  • Sotto il profilo psicologico esso tiene conto delle interazioni dialettiche non solo tra gli individui ma della pluralita` di ruoli che lo stesso individuo esprime nell'organizzazione della societa`.
  • Da un punto di vista antropologico esso, in quanto fondato sulla teoria pattizia delle relazioni umane, tende a far prevalere il fondamento del consenso nel riconoscimento dell'autorita` politica
  • Naturalmente e` anche possibile che ci siano delle ambiguita` del "federalismo" (caratteristica non necessariamente negativa). Esso infatti tratta
    simultaneamente la diffusione del potere politico (liberta`) e la sua concentrazione al fine di un governo energico. (unita`)
    Il federalismo come concetto teorico ed operativo ha varie altre profittevoli ambiguita` :
  • esistono diversi ordinamenti politici definibili, in modo corretto, "federali"
  • il fine del federalismo e` quello di ottenere e conservare sia l'unita` che la diversita`
  • il federalismo riguarda sia la struttura che i processi e le procedure decisionali di governo
  • il federalismo e` un fenomeno sia politico che socio-culturale
  • il federalismo e` sia fine che mezzo
  • il federalismo viene perseguito con propositi sia limitati che esaustivi.
  • Tenendo presente tutto cio` il problema del federalismo per il nostro paese non puo` prescindere dalla realta`. Deve essere assunto come idea guida, processo politico per la riforma del sistema politico e istituzionale ma nel contempo per la riforma degli stessi soggetti politici, sia dell'attuale bipolarismo che della forma-partito idonea a rappresentare la odierna societa`, complessa e pluralista. Una societa` che chiede un sistema politico ed istituzionale
    policentrico.

    Gli attributi del federalismo, come definiti da Ljiparth, possono essere una traccia, un indirizzo. Ma essi non hanno nessuna possibilita` di inverarsi se l' assunzione del "federalismo" come slogan non si traduce in costruzione di un modo di essere e di pensare la comunita` politica, se non permea il complesso dei comportamenti dei soggetti politici, delle comunita`, dei cittadini stessi.

    Il federalismo e` un rimedio politico a mali politici. E` una soluzione democratica alla crisi del sistema politico ed istituzionale, in tempi di globale/locale.
    E` una delle proposte di fondo per le riforme di cui il paese ha bisogno.

  • Non e` pensabile passare dal welfare state alla welfare community, senza federalismo.
  • Non e` possibile riequilibrare l'esecutivo e il legislativo, senza una soluzione federalista dei poteri dello comunita` politica nazionale (ancora necessaria, anche se progressivamente depotenziata, per costruire progressivamente il federalismo tra i paesi piu` disponibili, a livello continentale).
  • Non e` possibile una efficace costruzione dei sistemi a rete della ricerca, della formazione, delle imprese di produzione e di servizio, se non nel quadro di un potere pubblico policentrico, cioe` federale.
  • La invadenza della proliferazione legislativa, delle molteplici giurisdizioni, del potere burocratico possono essere contrastate solo dal diffondersi di una spirito pubblico federalista, con l'affermazione del federalismo come concetto politico formativo della transizione istituzionale, imposta dalla evoluzione del sistema economico e sociale.
  • La polemica tra federalismo centrato sulle Regioni o sui Comuni sembra superata.
    Tuttavia non e` ancora chiaro il rapporto corretto tra Regioni e Comuni.
    La formula icastica di Martinazzoli di un "governo per la Lombardia" contrapposto a una Giunta regionale, e` un modo efficace per definire un ruolo correttamente federale, perche` pienamente consapevole del ruolo del Comune (Sempre Martinazzoli cita continuamente Tocqueville:"i regni li ha creati l'uomo, i comuni li ha creati Dio").

    Passare da uno Stato unitario ad un sistema federale e` un processo. Non e` opera di un demiurgo. Occorre intanto decentrare. Quindi e` giusta la strada imboccata con le Bassanini, con le prime misure di decentramento fiscale, con l'elezione diretta del Presidenti delle Regioni.

    Tuttavia il decentramento e` qualcosa che viene dato, ma che puo` essere tolto.
    Il policentrismo, la struttura a matrice del federalismo e` cosa diversa dal modello centro-periferia o peggio dal modello gerarchico-piramidale.
    Ma e` nel processo di decentramento che matura la consapevolezza della necessita` del federalismo, del policentrismo consensuale.

    Di qui la rilevanza della cultura politica da mettere in circolazione.

    Nella sinistra due anime si sono a lungo fronteggiate: quella giacobina-centralista (Couthon: La repubblica e` una e indivisibile) e quella Girondina-federata. La prima ha primeggiato a lungo ma non ha mai spento la seconda, capace di dare sostanza ad esigenze reali: le societa` di mutuo
    soccorso, le leghe, le Camere del Lavoro, la cooperative, il municipalismo socialista dei primi anni del 900 e le battaglie autonomiste delle giunte rosse
    di tante parti, specie dell'Italia centrale. Nella sinistra laica non e` mai morto il federalismo repubblicano del Cattaneo, mentre e` ricca la tradizione autonomista del cattolicesimo liberale e democratico.
    Ci sono le premesse per un rinnovamento e aggiornamento della cultura autonomista in senso federalista. Il riformismo puo` trovare nel federalismo,
    non solo parole, ma un filone d'azione che permea una visione d'assieme del processo di cambiamento di cui la societa` italiana, nelle sue diverse
    articolazioni, ha bisogno. Ma il riformismo non ha ancora vinto nella sinistra. Il federalismo non e` ancora "senso comune" nelle aspirazioni e nei comportamenti dello schieramento di centro sinistra.

    Diverso il discorso per lo schieramento di centro destra. L'antistatalismo appare piu` di maniera che sostanziale. Nella Destra l'idea di Nazione e` ben diversa da quella di Comunita`. In Forza Italia non c'e` neppure una organizzazione che possa esprimere un gruppo dirigente. E` una monarchia. Nella polemica politica contingente il federalismo viene invocato, quando succede, piu` come polemica di alcune regioni verso il Governo che come disegno
    politico-programmatico.
    L'alleanza con le residue forze di Bossi e` piu una annessione che una risposta ad esigenze giuste e maldestramente gestite dal "Senatur". Tuttavia le pulsioni anarcoidi-liberiste di tanto mondo economico del nord, che Forza Italia cerca di interpretare con la lotta al Comunismo che non c'e`, sono pur sempre sollecitazioni confuse per un diverso rapporto tra societa` ed istituzioni. In altre parole una costante e determinata iniziativa federalista dei riformisti puo` trovare meno ostacoli di quanto si possa pensare, nello schieramento di centro-destra, impossibilitato peraltro dalle cose ad invocare un centralismo dello Stato unitario.

    Paradossalmente, lo scioglimento dei nodi ancora irrisolti nella sinistra e nel centrosinistra, appare nel breve momento la difficolta` piu` seria ad imboccare, con coraggio e determinazione, la prospettiva federalista in Italia. E` dalla sinistra che deve venire il segnale.

    Maurizio Mottini

    Milano -febbraio 2000

    Daniel J. Elazar - Idee e forme del federalismo -  Mondadori 1998