Progetto Italia Federale

Approfondimenti
a cura di Francesco Paolo Forti
Federalismo dei 
piccoli territori
Potete approfondire gli argomenti direttamente con 
l'autore scrivendo a questo indirizzo di posta elettronica
 Progetto Italia federale: Home Page
 Ultimo aggiornamento: Gennaio 2002
 
 
Premessa, un caso concreto, sussidiarietà e cooperazione, quale federalismo, competizione e piccoli territori, piccoli territori e disparità, il pensiero di Carlo Cattaneo, il ruolo delle Regioni, considerazioni sulla fattibilità.

Premessa.
Le discussioni sul federalismo spesso sfociano in dibattiti sui modelli.
Un destino a cui non mi voglio sottrarre, ma prima ritengo più utile un approccio pratico e concreto, senza comunque perdere di vista le basi teoriche di certe scelte.

Un caso concreto: la Lombardia.
La prima cosa che dovremmo considerare, è che essa una regione amministrativa più popolosa della Svizzera e dell'Austria. Contiene al suo interno molteplici realtà, contadine ed industriali, terziario avanzato e montagne innevate, valli, vaste pianure, fiumi e laghi. Lo stesso, lo sappiamo, possiamo dirlo per molte regioni del nord e del resto d'Italia. Per la mia cultura federalista, sarebbe inconcepibile una Lombardia così grande, senza provincie e forti poteri comunali, così come sarebbe inconcepibile una Svizzera senza Cantoni ed autonomia cittadina. La prima riflessione che faccio è che non sarebbe credibile una Lombardia centralista, che pretendesse di funzionare meglio di un paese federale composto di 26 piccoli cantoni e di 3'000 comuni dotati di poteri che da soli valgono quelli regionali italiani. Pensare quindi ad una macroregione che sia una federazione di provincie è quasi istintivo. Allo stesso modo mi viene spontaneo ritenere le provincie come un elemento federativo delle città che le compongono, senza per questo ipotizzare per forza lo stesso scenario, lo stesso patto federale per tutti. Allo stesso modo mi risulta normale vedere la regione, o la macro regione, come cellula federativa della futura Europa delle Regioni.

Sussidiarità e cooperazione.
In questa costruzione, quasi a scatole cinesi, c'è un principio cardine che regola il chi fa cosa: è il principio di sussidiarietà. Non solo quello, sicuramente, ma basta, all'inizio, per stabilire le prime grosse suddivisioni. Non e' un principio facile da adottare. Siamo troppo abituati al fatto che in Italia i comuni si occupano dei tombini e delle multe e che i compiti importanti ed impegnativi spettano in alto. Eppure c'è un modo pratico. Basta osservare di cosa si occupano i comuni americani, tedeschi, svizzeri, austriaci. Non troviamo una gamma di compiti diversi; troviamo, con notevole costanza, sempre gli stessi. Compiti che in Italia definiremmo molto impegnativi. Troviamo la scuola, ad esempio. Troviamo la sanità. Troviamo la protezione del cittadino. Troviamo l'assistenza, i trasporti, l'ambiente, un settore tributario ed una certa attività di politica economica, nei comuni più grandi. Troviamo di solito una gestione cooperativa di compiti tra comuni vicini o con l'organo politico superiore, che sia il distretto tedesco, la contea americana od il cantone svizzero. Sussidiarietà e cooperazione (orizzontale e verticale) fanno sì che un grande quantità di compiti siano svolti localmente, a livello comunale e distrettuale. Fin qui non si trovano differenze tra modelli, che siano percepibili dal comune cittadino. Posso solo notare che gli stati grandi, come alcuni länder tedeschi e stati americani, sono organizzati con un ente politico intermedio, come il distretto e la contea, mentre per i piccoli cantoni svizzeri ciò non è necessario, anche se, ad onor del vero i cantoni più grandi sono organizzati anche loro in distretti dotati di finanze proprie. Posso notare che ovunque le realtà più piccole sono le meglio amministrate, quelle con la migliore qualità della vita, con il miglior rapporto stato/cittadino, quelle in ultima analisi più ricche (cosa anche questa che definirei positiva).

Quale federalismo.
Allora se io dovessi rispondere alla domanda quale federalismo proporrei senza dubbio un modello fatto di piccoli territori, regolati su base cooperativa sulle materie in cui è utile e produttivo cooperare ma anche competitiva nei campi in cui una certa competizione, opportunamente regolata, porta i risultati migliori. Constatando che nei paesi federali non vi sono sacche di disparità geoeconomica paragonabili nemmeno minimamente al nostro Meridione, non avrei dubbi nell'affermare che il federalismo, anche e soprattutto quello competitivo, costituisce il contesto migliore per risolvere i secolari problemi del sottosviluppo economico del Sud Italia. Tutto ciò l'ho già affrontato in un altro documento, proprio dedicato alla scelta tra federalismo competitivo e concertativo, dove in accordo con le tesi esposte da Villone (Ulivo) alla Bicamerale dalemiana, sostengo quello competitivo come il più adatto per l'Italia. Qui vorrei approfondire alcune conseguenze di quella scelta, in correlazione con un'altra scelta da fare, quella della dimensione della territorialità.

Competizione e piccoli territori.
Un federalismo tendenzialmente competitivo trova a mio avviso la massima espressione in relazione al federalismo dei piccoli territori. Questo perché la mobilità dei cittadini è uno degli elementi che rendono possibile la vera competizione. Infatti essa esce dall'ambito teorico ed entra in quello pratico se il cittadino può veramente spostarsi sul territorio e trovare differenze di governo locale, nel rapporto qualità/prezzo dei servizi pubblici. Purtroppo sappiamo che oggi la mobilità italiana è bassa, sia nel lavoro, per via della rigidità del mercato, sia per la casa, a causa del numero eccessivo di proprietari e per la rigidità del mercato degli affitti. La rigidità è nemica dell'economia ed in ultima analisi dello sviluppo. Tuttavia ci sono segnali che inducono a ritenere che si stia procedendo verso un aumento graduale della flessibilità del mercato del lavoro e delle case in affitto. Se un lavoratore trova un lavoro interessante (o viene trasferito) ma esso è troppo distante dalla sua resiodenza, allora per non peggiorare la sua qualità della vita con ore di viaggio sarà costretto a traslocare. Se il contesto di governo è unico, lo spostamento non comporta alcun vantaggio, ad esempio fiscale (per un confronte vedere il documento sul federalismo fiscale svizzero). Eventualmente sarà consapevole che in certe zone del paese la qualità dei servizi sarà diversa, esattamente come il costo della vita. Lo stesso capiterebbe se ci fosse un livello di governo regionale. Tutti gli spostamenti dentro la regione sarebbero neutri. Nel caso del federalismo competitivo a finanze separate, dove sia i Comuni che lo Stato locale (le provincie, nella mia ipotesi) sono soggetti politici che prelevano notevoli imposte locali (il 70% del totale, per la Svizzera) e pagano i loro dipendenti con salari proporzionati all'economia locale, ogni spostamento comporta la ricerca della situazione migliore non solo per i servizi, scuola, trasporti, ambiente, servizi ospedalieri, ma anche sul loro costo locale, il che si integra con le scelte dovute al costo della vita e soprattutto degli alloggi. Nel federalismo competitivo, lo stato locale, che rappresenterebbe comunque una fetta della spesa pari a più di 1/4 del PIL può determinare il fattore di successo di un territorio, proprio perché ha in mano la leva fiscale e può fare politica economica. A parità di servizi, si sceglie il Comune fiscalmente meno caro, premiando di fatto una buona amministrazione e gestione della cosa pubblica. Imposte più basse possono compensare affitti più elevati, visto che anche questi alimentano le entrate comunali.

Piccoli territori e disparità.
In pratica nel federalismo competitivo basato su piccoli territori si assiste ad un livellamento delle disparità (rimangono le differenze ma la loro eliminazione non è un obiettivo del federalismo, che anzi tende a salvaguardare quelle positive) e si assiste anche ad una pluralità di soluzioni locali che rendono possibile poi lo scambio di esperienze ed adottare soluzioni che sono nuove ma anche già sperimentate altrove. La realtà storica ed economica italiana poi mi pare tutta orientata verso la realtà locale, cittadina, provinciale. Sono provinciali le camere di commercio, tutta la vita economica e culturale orbita attorno ai capoluoghi delle provincie (l'Italia delle 100 città) ed ai maggiori centri urbani, che sono veramente i nodi dello sviluppo economico e culturale. E' questo il livello degno di essere anche centro politico forte del federalismo italiano.

Il pensiero di Carlo Cattaneo.
Trovo utile a questo punto attingere al nostro bagaglio storico e culturale con una citazione che ritengo appropriata: "Le nostre città sono il centro antico di tutte le comunicazioni di una larga e popolosa provincia; vi fanno capo tutte le strade, vi fanno capo i mercati del contado, sono come il cuore del sistema delle vene; sono termini a cui si dirigono i consumi, e da cui si diramano le industrie ed i capitali; sono un punto d'intersezione o piuttosto un centro di gravità, che non si può far cadere su di un altro punto preso ad arbitrio. Gli uomini vi si congregano per diversi interessi, perché vi trovano i tribunali, le intendenze, le commissioni di leva, gli archivi, i libri delle ipoteche, le amministrazioni; il punto medio dei loro poderi, la sede dei loro palazzi, il luogo delle loro consuetudini, e della loro influenza e considerazione, il convegno delle parentele, la situazione più opportuna al collocamento delle figlie, ed agli studi ed impieghi della gioventù. Insomma sono un centro d'azione di una intera popolazione di duecento o trecentomila abitanti. [...] Questa condizione delle nostre città è l'opera di secoli e di remotissimi avvenimenti, e le sue cause più antiche d'ogni memoria. Il dialetto segna l'opera indelebile di quei primitivi consorzi, e col dialetto varia, di provincia in provincia, non solo l'indole e l'umore, ma la cultura, la capacità, l'industria, e l'ordine intero delle ricchezze. Questo fa si che gli uomini non si possono facilmente disgregare da quei loro centri naturali. Chi in Italia prescinde da questo amore delle patrie singolari, seminerà sempre nell'arena" In "Per le Autonomie Locali", di Carlo Cattaneo.

Il ruolo delle Regioni.
Ecco, ritengo che nessuno in Italia, debba assolutamente seminare nell'arena. Eppure un ruolo alle Regioni va dato. Ritengo che il principio cardine, seguendo la sussidiarietà e la cooperazione, sia quello che Comuni e Provincie debbano gestire tutto, da soli od in cooperazione orizzontale e/o verticale, e che questa responsabilità vada caricata del giusto livello di potere (per allineare responsabilità ed autorità). Seguendo il principio di sussidiarietà, ed osservando come è stato adottato nei paesi federali, vediamo che è veramente possibile (e fattibile) affidare compiti anche considerevoli ai soggetti politici più vicini ai cittadini ed al loro controllo. Ad essere rigorosi alla regione non rimarrebbe nulla da fare, come nel Trentino Alto Adige, dove essa è un guscio vuoto. Come elemento sussidiario però, le regioni possono fornire un supporto leggero di coordinamento, verifica e controllo, nonché sostegno quadro. Per questo sono sufficienti strutture leggere, non certo la pesante burocrazia odierna. Ricordiamo che in una struttura veramente federale ed autonoma il potere a mano a mano che si sale di livello diminuisce, non aumenta. Diventa un potere di indirizzo comune, non di gestione. Ritengo quindi che il livello di massimo potere statale federato, quello in cui va posta la competenza primaria, suddivisa nei tre poteri legislativo, esecutivo ed anche giudiziario, sia da collocare nella Provincia e non nella Regione, la quale come ho detto sarà a sua volta la base del federalismo europeo, non di quello italiano. Riceverà quindi compiti che oggi sono dello Stato unitario, dato che questo nell'Europa delle Regioni non avrà più ragione d'essere.

Considerazioni sulla fattibilità.
Occorre considerare l'impatto che una simile proposta avrebbe, chiunque la facesse propria. Non c'è dubbio che la risposta sarebbe diversa di luogo in luogo. Se al Nord ritengo che un simile messaggio sarebbe capito e condiviso, ritengo che in alcune realtà in cui si ha una identità quasi nazionale, come ad esempio la Sardegna ed in parte la Sicilia, sia forte la volontà di avere un livello statale posto sulla regione. Tuttavia anche in Sardegna emerge la consapevolezza della necessità di aumentare il numero ed i poteri delle loro Provincie, non fosse altro perché da tempo sperimentano il pericolo (non teorico) dell'immobilismo regionale, dell'immobilismo cioè di un organo troppo grande e dotato di troppi poteri. Ritengo quindi che ogni realtà debba decidere sulla sua territorialità federata. Nel resto d'Italia sono da superare scetticismi e resistenze legate in parte all'equazione federalismo=egoismo (e possibile fregatura) che la Lega Nord ha disgraziatamente sparso ai quattro venti in questi anni. Va sicuramente fatta una lenta ma potente azione di contro informazione su cosa sia realmente il federalismo e sui vantaggi ed opportunità che esso aprirebbe per il nostro Paese. Non da ultimo credo che sia opportuno soffermarci sulla ipotesi che il vantaggio del emodello piccoli territori si possa rivelare notevole fin dall'inizio, nella fase costitutiva ed organizzativa, in cui si passa dal decentramento al federalismo. Infatti se si rallenta o si blocca la fase in una grossa regione, si bloccano tutti i processi nelle sottostanti provincie (Sardegna docet) mentre al contrario se abbiamo un processo che parte dal basso e procede il parallelo, la differente velocità delle provincie non è un vincolo così forte al progredire di altre realtà, vicine e lontane.
Su questo concetto l'amico veresino Gastone Losio ha composto uno schema graficamente ineccepibile in questa pagina del suo interessante sito.
In sintesi la mia tesi è che un federalismo basato sulle provincie è fattibile ed attuabile più rapidamente di uno a base regionale.
Ciò che conta è infatti la sussidiarietà e la cooperazione della coppia Comuni/Provincia ed il livello di cooperazione orizzontale tra Provincie vicine.
Su questo tema c'è anche questo documento in rete: http://www.progettoitaliafederale.it/scelta.htm



Potete approfondire gli argomenti direttamente con l'autore scrivendo a questo indirizzo di posta elettronica