Progetto Italia Federale

Approfondimenti
a cura di Francesco Paolo Forti
Federalismo e gestione degli 
equilibri; territorialità
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 Ultimo aggiornamento: Gennaio 2002
 
 
Situazione attuale, percorsi storici, gestione centralizzata, gestione locale, strategie, rapporti tra le dimensioni sociali, territorialità amministrativa e territorialità politica, Lombardia

La situazione attuale.
Una caratteristica abbastanza evidente del nostro Paese - come anche della Francia - è data dalla presenza di forti e crescenti squilibri sociali e geo-economici. Gli squilibri nord/sud, ad esempio, vedono una lenta ma progressiva divaricazione nella ricchezza regionale e provinciale (dati ISTAT e Tagliacarne). Per contro i paesi federali mostrano, ad una analisi dettagliata, differenziali geo-economici (reddito, consumo, valore aggiunto) assai più bassi ed in lenta ma costante diminuzione. Questo fatto non deve a mio avviso stupire. E' legato ai meccanismi storici (politici, sociali ed economici) che hanno portato alla formazione dei moderni stati unitari da una parte e federali dall'altra.

Due percorsi storici.
I paesi federali nascono per un patto, il foedus, che unisce popoli che sono su un piano di sostanziale parità. Parità economica, culturale. In sintesi c'è un equilibrio in cui nessuno domina e, in presenza di un fatto che funge da catalizzatore, ad esempio una minaccia esterna,  questi popoli si uniscono in un patto che segna e delimita  l'equilibrio del momento. All'opposto una nazione centralizzata vede solitamente un gruppo dominante, un territorio egemone, estendere la sua influenza sui popoli vicini, acquisendo gradualmente quella dimensione che gli permette una difesa ottimale ed uno sfruttamento delle risorse comuni. Non deve quindi stupire se uno Stato centralizzato vedrà il territorio egemone gestire tutti i suoi possedimenti tramite una struttura marcatamente centralizzata, in cui le decisioni sono prese in centro e la periferia si limita ad amministrare. Questo accade soprattutto quanto più era debole l'egemonia iniziale, in quanto quella debolezza richiede un forte controllo. Inoltre anche le risorse economiche saranno gestite dal centro ed è abbastanza tipico di queste strutture di potere avere una connotazione costituzionale rigida e bloccata, che cristallizza i rapporti di forza e tenta di impedirne il cambiamento. Chi è egemone tenterà di fare di tutto per continuare ad esserlo ed impedire contemporaneamente che altri territori possano uscire dallo stato di subalternità.

La gestione centralizzata mantiene l'esistente.
Per ottenere questo è chiaro che lo strumento migliore è dato dal fatto che la politica economica è gestita a livello centrale, così come quella fiscale. Fatto dal centro, un aiuto verso un territorio diventa un mancato aiuto ad un altro.

La gestione locale è dinamica.
Del tutto diversa è invece la situazione in un paese federale. Si parte dal patto iniziale, che sigla una situazione di equilibrio momentaneo. Ogni componente si rende conto però che la realtà muta lentamente e ciò che oggi è un equilibrio domani potrebbe non esserlo. Alcuni territori potrebbero indebolirsi, altri potrebbero rafforzarsi e questo potrebbe rompere l'equilibrio e quindi il foedus. Il federalista, colui che vuole che il patto si mantenga e si rafforzi, cercherà quindi di capire ed anticipare gli squilibri nascenti. Per fare questo ha bisogno di una struttura dinamica, che possa rapidamente adeguarsi ai mutamenti della realtà. Di una struttura che non agisca da blocco. In ciò è aiutato dal fatto che ogni membro della federazione continua a detenere la gestione della propria territorialità, agendo sulla politica economica e sulla leva fiscale. Facendo questo, il gestore locale massimizza i vantaggi per la sua popolazione, in competizione sì con altri, ma ben difficilmente può agire a scapito degli altri membri (per farlo dovrebbe avere il controllo delle leve di potere centrali).
La dimensione federale diventa quindi la leva per gestire e rinnovare gli equilibri, mentre ogni membro opera per massimizzare la sua situazione senza essere d'ostacolo ad altri e senza essere ostacolato da altri. In un quadro di competizione regolata, in presenza di un buon welfare, il risultato è una crescita armonica.

Due strategie.
Ciò evidenza due diverse strategie. Quella del paese centralizzato, volta a mantenere una determinata situazione, bloccandola tramite una struttura rigida e centralizzata, e quella del paese federale, tesa a rinnovare periodicamente gli equilibri e che ha bisogno per questo di strutture istituzionali elastiche e facilmente adattabili. Contemporaneamente abbiamo anche una diversa concezione della territorialità; nel primo caso adattata ad esigenze amministrative, nel secondo più legata, oltre che a motivi storici, alle esigenze di politica economica locale e di gestione di bacino.
 



 


I rapporti tra le dimensioni della società.
Va sottolineato, parlando di equilibri, che nello stato nazionale, le relazioni tra le varie dimensioni (economia, cultura e politica) sono localmente spezzate od interrotte. Le prestazioni quadro sono fornite dal governo centrale e le rimunerazioni economiche (imposte) vanno alla capitale. Nei sistemi federali invece si assiste ad una pluralità di sovranità, ognuna in grado di emettere prestazioni e di essere localmente rimunerata, in proporzione ad esempio al costo locale della vita. Questo attenua di per sé, nel lungo periodo gli eventuali dislivelli e comunque rende difficile che ne nascano di nuovi. Parlare di federalismo per l'Italia allora significa porsi - in anticipo- il problema degli equilibri e della territorialità.

Territorialità amministrativa e territorialità politica.
Dobbiamo vedere tuttavia il problema della territorialità in un modo diverso da quello amministrativo, che è tipico della gestione centralizzata. Più che livelli di amministrazione dobbiamo cercare livelli di governo, che siano coerenti con la necessità di equilibri economici e culturali locali, oggi mancanti o "spezzati".

Ogni livello economico deve avere un adeguato livello politico. Oggi la situazione potrebbe essere la seguente, indicata dalla colonna più a sinistra. Fra 30/50 anni la situazione potrebbe essere quella illustrata dalla colonna più a destra.
 



 


Per passare dalla situazione attuale a quella futura occorre:

  • un maggior decentramento nelle grosse città.
  • Alcune Provincie sono troppo grosse e dovrebbero essere suddivise in distretti, visto come federazioni di comuni (o come aree metropolitane)
  • Molte Regioni sono troppo piccole e dovrebbero fondersi in macro-regioni.
  • Lo stato centrale dovrebbe cedere molto poteri, verso l'alto (Europa) e verso le Regioni.
  • Da questo risulta che la mappa attuale del potere amministrativo, che vede un forte conflitto tra Provincie e Regioni, potrebbe essere ridisegnata in una sequenza totalmente nuova che preveda distretti e macro-regioni, ognuno con ben precise prerogative e funzioni nell'ambito economico e politico.

    Ai primi due livelli "bassi", in base alla sussidiarietà ed alla cooperazione, la gestione della cosa pubblica, in un quadro tipico dello stato di diritto (e quindi i livello del federalismo e delle Città/Quartieri non sono "amministrativi" ma "politici"). Agli altri due livelli "superiori" compiti leggeri di coordinamento, sostegno, ridistribuzione, equilibrio, normativa quadro, difesa, politica estera, politica monetaria.

    Lombardia
    Ritengo, ad esempio, che per la Lombardia, tipica macroregione che ha già la giusta dimensione territoriale, si sia invece molto indietro per quanto riguarda i primi due livelli, che sono però a mio avviso i più importanti. Ai molti progetti oggi confondono federalismo con regionalismo, io opporrei un progetto che, "ismi" a parte, cominci a costruire le basi per un sistema "autoequilibrante" come quello dei paesi federali. Questo parte dai comuni e dai distretti, o dalle provincie più piccole.



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