Progetto Italia Federale

Approfondimenti
a cura di Francesco Paolo Forti
Attraverso il tempo le "varianti" 
delle idee autonomiste
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 Ultimo aggiornamento: Agosto 2000
 

 
Attraverso il tempo le "varianti" delle idee autonomiste

   di Paolo Avanti

Da quando Umberto Bossi si è imposto nell'arena politica con la Lega, il federalismo è diventato più popolare del fuorigioco e della tattica a zona. Non c'è programma politico che non lo prometta, non c'è bar della Padania in cui non lo si invochi. Eppure è lecito sospettare che ben pochi sappiano esattamente di cosa si tratti e che storia abbia alle spalle. Tentiamo quindi di raccontarne le gesta. Iniziamo dalla carta d'identità. Il federalismo nasce nel 1787, con la Costituzione degli Stati Uniti d'America. Con la Carta di Philadelphia vi è l'applicazione di un concetto germinato in Europa. Una sorta di federalismo, infatti, era già presente nell'antichità e durante il Medioevo. 

La presenza di una pluralità di poteri, posti in modo gerarchico (Impero, Chiesa, regni e principati, città autonome, ecc.), poteva costituire, in qualche modo, un federalismo ante litteram. Nel 1291 sorse, in quella che sarà la Svizzera, un'alleanza tra territori, un patto di mutua difesa contro gli Asburgo, che fece da prodromo della Federazione Elvetica. Nel XVI secolo nacquero le Provincie
Unite dei Paesi Bassi, in chiave difensiva nei confronti della Spagna.  Ma parlare di federalismo in questi casi sarebbe eccessivo. 

Il federalismo moderno, infatti, è strettamente connesso con l'entità "stato". Lo stato moderno, concentrando su di sè tutti i poteri, diventa un presidio per le libertà individuali, in quanto spazza via i vecchi istituti medievali  che limitavano la libertà dell'individuo. Inoltre, sancisce, in modo più o meno esplicito, i diritti fondamentali dello stesso. A salvaguardia di questi, sorge però presto il problema di limitare il potere assoluto dello stato.  Vi è quindi una distribuzione del potere a più enti. 

Il federalismo nasce, dunque, anch'esso in difesa delle libertà individuali, quando l'unitarietà dello stato avrebbe potuto risultare pericolosa. Secondo alcuni le libertà civili e politiche della persona senza di esso non potrebbero mai essere assicurate.

Ma tra i motivi che hanno spinto alla scelta federalista c'è anche l'esigenza di eliminare conflitti militari (il federalismo avrà sempre una connotazione  pacifista) o di raggiungere meglio l'unità tra diverse comunità. In ogni caso il motivo ultimo è sempre quello di rispettare le attese dell'individuo.

Il federalismo non è una scuola filosofica e non si collega ad alcun concetto teorico pre-definito. Un tentativo di teorizzazione è stato fatto solo nel XIX secolo, a federalismo già "applicato". 

Per usare la definizione di Giovanni Bognetti, il federalismo "...è il termine con cui si suol designare la tendenza (...) a organizzare  ordinamenti politico-giuridici ripartendo i poteri di comando tipici dello stato tra enti politici distinti - un apparato di governo centrale e una  pluralità di apparati di governo periferici, l'uno e gli altri sovrapposti allo strato delle semplici autorità amministrative municipali e locali."



I FEDERALISTI ITALIANI E CARLO CATTANEO
La prima dottrina organica fu elaborata da Madison, Hamilton e Jay, con la raccolta di scritti "The Federalist", pubblicata nel 1788. In Italia il dibattito sul federalismo fu particolarmente  vivace. In contrapposizione all'idea centralista che si sarebbe realizzata con l'Unità d'Italia, durante il Risorgimento si svilupparono ben tre correnti federaliste. 

La prima fu quella neoguelfa del Gioberti. In contrapposizione al mazzinianesimo,  il Gioberti vagheggiava una soluzione federalista del problema italiano, che  però aveva nel Papato il potere centrale. L'illusione di una Chiesa rinnovata e  riformatrice durò poco e quando Pio IX prese posizioni reazionarie, Gioberti  abbandonò il neoguelfismo e il federalismo, per una politica unitaria. 

Al velleitario federalismo del Gioberti, si contrappose quello democratico del Cattaneo. Spirito libero, l'uomo politico milanese proponeva un programma  di riforme, inteso ad assicurare al Lombardo-Veneto l'indipendenza nell'ambito  di una federazione di popoli soggetti all'Austria. In seguito elaborò l'idea di una federazione italiana (che noi vorremmo sintetizzare nella definizione di "Stati uniti italiani") e, in seguito, sviluppò il concetto  degli Stati Uniti d'Europa. 

Protagonista delle Cinque Giornate di Milano, nell'agosto del 1848 si ritirò a Parigi, "sconfitto" dai moderati filo-piemontesi.
Rientrò a Milano nel 1859 e nel 1860 fu eletto deputato, ma non entrò in Parlamento per non prestare il giuramento monarchico. 
Legato a ideali repubblicani, democratici e federalisti, fu un uomo controcorrente.  Divenne un punto di riferimento per i federalisti. 

Di minor peso fu il federalismo  repubblicano rivoluzionario di Giuseppe Ferrari. Attestato su posizioni più radicali, il Ferrari faceva in qualche modo concorrenza  al ben più carismatico Mazzini.

I movimenti repubblicani, divisi tra federalisti e mazziniani, finirono sconfitti dal realismo di Cavour. E di federalismo, nella penisola italiana,  non se ne sarebbe parlato più fino all'Assemblea Costituente, quando però prevalse l'idea regionalista, di cui parleremo più avanti. 



LA COSTITUZIONE AMERICANA
Ma cerchiamo di capire come sono strutturati i primi esempi di federalismo della storia, vale a dire quello degli  Stati Uniti d'America, quello svizzero e quello tedesco. 

Il modello costituzionale liberale si basa sulla separazione tra Stato  e società civile e sulla divisione dei poteri. 

In questo contesto, il federalismo ha come scopo quello di meglio servire questi concetti tipici dello stato liberale. 

Ed è in questo ambito che ne viene fatta la prima applicazione concreta:  con la Costituzione americana nasce il primo stato federale.  A spingere i padri fondatori a creare uno stato federale è stata certamente  l'idea che solo l'unione poteva fare la forza, vale a dire reggere l'urto  con la Gran Bretagna. Ma indubbiamente, per dirla ancora con Bognetti, "...anche dal desiderio di meglio assicurare la "giustizia" sul territorio americano, cioè, data la loro idea di "giustizia", gli istituti  di un libero mercato di dimensioni in prospettiva continentali". 

Il federalismo americano prevede uno stato centrale con prerogative assai  limitate, vale a dire quelle inerenti la politica di difesa e la politica estera.  In campo economico, lo stato federale poteva regolamentare il commercio tra  gli stati (la cosiddetta "commerce clause") e imporre i tributi, ma sostanzialmente l'ingerenza negli affari degli stati era minima. 

Era, insomma, garantita al massimo l'autonomia della società civile. Queste prerogative saranno lette in diversa maniera con l'avvento dello  stato sociale. La guerra civile che insanguinò l'America sancì definitivamente un principio non scritto: l'indissolubilità dell'Unione. Il sistema americano rappresenta l'esempio migliore di stato federale costruito per  attuare i valori del modello costituzionale liberale. 

In seguito si svilupparono  gli altri stati federali liberali: la Svizzera,  con la Costituzione del 1874, il Canada, l'Australia e la Germania del Secondo Reich. Quest'ultima, però, rappresentava un caso un po' atipico, con la sostanziale supremazia della Prussia sugli altri Stati.



SISTEMI FEDERALI DIVERSI FRA LORO 

D'altronde, non esiste un modello univoco di federalismo, anzi, si può dire  che esistono tanti sistemi federali quanti sono gli Stati federali.  L'avvento dello stato sociale, con l'interventismo nell'economia e con il  rafforzamento del potere esecutivo, ha cambiato, per alcuni aspetti, i connotati  del federalismo. Negli Stati Uniti il tentativo del governo di intervenire più pesantemente in campo economico a fini redistributivi comportò un lungo braccio di ferro con la Corte Suprema, custode della tradizionale 
interpretazione della Costituzionale. 

Solo negli anni Trenta, in pieno New Deal, dopo aver introdotto nuovi emendamenti alla Costituzione, la Corte Suprema dette semaforo verde al Governo.  A seguito di questa svolta, il sistema federale americano si è sbilanciato a favore del governo di Washington. Oggi lo stato centrale può disciplinare tutti i rapporti di cui si intesse la vita collettiva nazionale. 

Nell'applicazione vera e propria, però, il Congresso è stato molto prudente, lasciando ai cinquanta stati dell'Unione vasti campi d'intervento su cui avrebbe  potuto imporre la sua linea. 



IL REGIONALISMO ITALIANO 

Ed ora veniamo alle dolenti note della scelta regionalista fatta dall'Italia. 

I Costituenti, dopo intenso dibattito, hanno optato per una sorta di terza via tra centralismo e federalismo che non ha dato i frutti
sperati. 

Con il regionalismo si erano introdotte per la prima volta delle forti autonomie nell'ordinamento italiano. Era un superamento del centralismo che aveva caratterizzato l'età liberale e, soprattutto, quella fascista e un  riconoscimento delle diversità territoriali e locali del nostro Paese. 

Purtroppo, l'applicazione, tardiva (solo nel 1970 si è attuata l'autonomia delle Regioni a statuto ordinario) e i risultati pratici sono stati ben lontani dalle speranze di chi ne aveva ideato la forma. 

Scrive Ettore Albertoni: "Questa tardiva osservanza della Costituzione in materia  non è riuscita, però, a creare né un potere partecipato dei cittadini, né un'apprezzata e motivata dirigenza capace di rinnovare, nella direzione dell'efficienza e della buona amministrazione, la dimensione pubblica locale". 

Per ovviare a queste deficienze ora si ripropone il federalismo, riannodandosi a quel filo rosso che va da Carlo Cattaneo a Gaetano Salvemini, da Luigi Sturzo a Luigi Einaudi, da Piero Gobetti a Guido Dorso, che vedevano nell'autonomismo un rimedio all'inefficienza e alla corrutela del potere centrale.



L'UTOPIA FEDERALISTA 

Il federalismo non è solo un tipo di organizzazione dello Stato. Già con gli scritti di Hamilton, infatti, assunse anche una veste utopistica e ideale. In esso vi si trovano accenti liberali, egualitari e pacifisti. 

Fu Kant, in modo particolare, a vagheggiare l'istituzione di una federazione mondiale, vista come il raggiungimento della "pace perpetua".  Si sviluppò un pensiero internazional-federalista, che però veleggiò sempre nel mondo rarefatto delle illusioni. 

La creazione delle Nazioni Unite alimentò l'utopia di un idilliaco universo abitato da popoli che vanno d'amore e d'accordo. 
La realtà, quella che vede il nostro pianeta diviso in un'infinità di  popoli, culture, valori e sistemi istituzionali, è ben diversa. 

Meno utopistico, anche se anch'esso permeato a volte di un eccessivo idealismo, è il movimento europeista. L'idea di un'unione europea, come detto, fu già sviluppata dal Cattaneo

Ma, seppur in modo diverso, anche Mazzini e Proudhon possono considerarsi degli europeisti della prima ora. 

L'idea della federazione europea ebbe uno stimolo considerevole dopo le due guerre mondiali. 
Ancora una volta il federalismo venne visto come soluzione pacificatrice,  per evitare ulteriori massacri tra i popoli del Vecchio Continente.  Tra i movimenti europeisti, merita una citazione il Movimento Federalista  Europeo, fondato nella clandestinità nel 1943 da Altiero Spinelli.